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Cahiers de Biotherapie:
L’omeopata e il mago di Oz
Pietro Prandi, sempre attento e sensibile alle curve delle emozioni in gioco nel nostro lavoro, ha postato giorni fa sulla nostra mailing list una lunga nota che descrive l’incontro con una sua nuova paziente. La storia di Antonia è perfetta da raccontarsi sotto Natale quando le vicende a lieto fine contano il doppio ma è anche un racconto utile per riflettere.
Leggiamola insieme:
In questo ultimo mese ho conosciuto la signora Antonia di 94 aa, una vispa vecchietta da poco ospite della Casa di Riposo del mio paese e quindi mia “nuova mutuata”. Ha accettato di entrare in una struttura perché i figli erano preoccupati che alla sua età affrontasse un altro inverno da sola in una sperduta frazione di un paesino di montagna. Tutti gli anziani hanno storie da raccontare, ma quella di Antonia è veramente particolare. Quando aveva 25 anni e tre bambini piccoli si trasferì col marito a Torino per trovar lavoro. Dopo pochi anni cominciò a “sentire nella testa delle voci che le davano ordini” e di notte aveva incubi spaventosi. Consultarono un medico che consigliò un immediato ricovero in psichiatria (allora significava manicomio). Chi si sarebbe occupato di quei poveri bambini ? Con grandi sacrifici misero insieme la cifra per poter andare da un “luminare” di cui avevano sentito parlare che curava con delle medicine strane. Questo medico le disse che “tutti i cervelli parlano, ma la maggior parte di noi non li sente, l’importante era abituarsi a questa voce interiore” e le prescrisse la sua medicina. Da allora Antonia ha assunto Stramonium 9CH 5 granuli alla sera per cinque giorni alla settimana, rinunciando ad altre cose pur di avere i soldi per questa medicina. Gli incubi sono pian piano scomparsi e la “voce interiore” divenne una abitudine che non la spaventava più. Gli anni sono passati, i figli sono cresciuti e sono andati via di casa sposandosi e regalandole ben cinque nipoti. Venti anni fa, col marito, fece ritorno alla casetta degli avi e da cinque anni, rimasta vedova, ha vissuto lì da sola badando alla casa e al piccolo orto fino al trasferimento in struttura. Ho avuto l’occasione di conoscere i tre figli di Antonia, tutte “belle” persone che hanno saputo realizzarsi nella vita e che manifestano un profondissimo legame con la mamma e mi sono chiesto cosa sarebbe successo a quei tre piccoli bambini se Antonia fosse finita in “manicomio” con l’etichetta di psicotica ? Quindi Stramonium fino all’ultimo respiro, anche perché Antonia non accetterebbe mai di sospenderlo o sostituirlo. Visto che della sua esperienza erano a conoscenza solo i familiari stretti le ho chiesto come mai mi avesse raccontato tutto. E lei, nella sua saggezza contadina, mi ha risposto : “data l’età credo proprio che sarà lei ad accompagnarmi fino alla fine dei miei giorni e poi ho capito subito che lei è un medico diverso”. Ed io sono stato orgoglioso di questo mio essere “diversamente medico.
Sono d’accordo con Pietro.
Qui non è in gioco il canovaccio interpretativo e razionale (diluizioni, ripetizione del rimedio, miglioramenti, aggravamenti) qui – mi pare – è la stessa idea di metodologia ad essere abolita. Possiamo commentare questa storia (clinica?) rivolgendoci a quel gioiello della letteratura (non solo per bambini) che è il Mago di Oz.
Il personaggio del leone cerca il coraggio di cui ritiene giustamente non sia decoroso mancare, ma ha solo paura davanti al pericolo, il taglialegna non ha cuore ma è lui a mostrarsi generoso quando occorre, lo spaventapasseri non ha cervello ma è lui a risolvere le situazioni più ingarbugliate.
Al mago di Oz ciascuno dei tre domanda ciò di cui, senza rendersi conto, ha già dato prova ed è solo un modo di chiedere sicurezza.
Il mago di Oz esercita allora una magia che non ha e fa bere al leone un filtro che sta per il coraggio, mette al taglialegna un cuore di stoffa e di segatura e riempie di crusca e spilli la testa dello spaventapasseri. E ognuno dei tre sarà allora convinto di avere ciò non gli serve possedere per dimostrare di averlo.
Il mago di Oz sa che la sua magia è fatta di espedienti . E’ un ciarlatano o un saggio? Forse entrambe le cose ma lascia intravedere in controluce l’opera di chi – come ci sforziamo di fare noi – da la possibilità di far lavorare la verità di ciascuno.
Cahiers de Biotherapie:
TERAPIA OMEOPATICA IN PSICOLOGIA PEDIATRICA
Dott. Gaetano-Maria Miccichè
L’età infantile e’ costella di una serie di atteggiamenti motori ed espressivi, cioè dei modi di essere del bambino, che vengono considerati come manifestazioni “tipiche dell’infanzia”.
Infatti sicuramente non stupisce più di tanto un bambino che succhia il dito o una copertina costantemente, o che a tre anni usa ancora il pannolino, o che urla e piange prima di addormentarsi, o che si agita e parla nel sonno, o “batte gli occhi”, e ha tics e manierismi.
Sono manifestazioni del tutto normali. “Passeranno”, si usa dire.
E infatti la maggior parte scompaiono come sono cominciate.
Ma se “non passano”, ecco che cambia la luce e il problema si pone.
Infatti, una o più di queste espressioni, portate avanti negli anni di crescita, diventano invadenti e di ostacolo pratico e quotidiano alle attività del piccolo, coinvolgendo alla fine l’intero gruppo familiare.
Dalla mia personale esperienza clinica come pediatra omeopata, conto decine di casi, come dei racconti, che sembrano “normali” all’apparenza, ma che letti in profondità danno indicazioni preziosissime sullo stato psicologico del piccolo.
Pur non essendo un terapeuta mentale dello specifico, vi elenco quelle manifestazioni ricorrenti dell’infanzia che chiamerò: PSICOSINTOMI INFANTILI.
Gli Psicosintomi Infantili più comuni sono:
-Spasmi affettivi respiratori (apnee, assenza di respiro momentanee)
-Inappetenza, rifiuto ostinato del cibo,(che perdura oltre tre mesi), magrezza accentuata e astenia. Coliche addominali ricorrenti.
-Iperfagia, onicofagia, “succhiare il dito”, “il ciuccio”, e cioè la necessità costante di soddisfare un bisogno orale, cioè una vera e propria dipendenza dalla bocca e dalla lingua, non come organo di conoscenza, ma come sostegno alla realtà per interagire con il mondo esterno.
-Aggressività (morsi, graffi)
-Vomito a comando
-Forme di autolesionismo
-Balbuzie duratura o periodica
-Bruxismo (digrignare i denti nel sonno)
-Tics e rituali
-Crisi frequenti di collera o di pianto violento. Urla.
-Difficolta’ dell’addormentamento senza certi rituali (innumerevoli esempi)
-Disturbi del sonno (pavor nocturnus),sonnambulismo.
-Enuresi notturna, mizione frequente, encompresi, “fastidi ai genitali”, masturbazione compulsiva
-Ipercinesie motorie, movimento corporeo incessante, “mai fermo”.
L’età di insorgenza di uno (di solito) o più di questi sintomi e’ variabile.
Già dal primo anno di vita possono cominciare, ma a partire dai tre anni diventano “evidenti” rispetto all’età del piccolo, e possono essere definiti come Psicosintomi.
All’inizio, quando il medico viene consultato, Il primo approccio prevede l’esclusione di fattori fisici, malformazioni e lesioni al sistema nervoso centrale e periferico.
Poi confortati dalle analisi cliniche regolarmente negative, ci si indirizza a definirlo come manifestazione su base psicologica.
L’eziologia è da ricercarsi tra i fattori ambientali, sociali o affettivi, cioè di relazione con le altre figure e con le situazioni ambientali intorno. Cioè quell’habitat specifico in cui vive il bambino non sembra essergli idoneo, ma è invece fonte di importanti conflittualità.
Non devono per forza essere eventi “gravi”. Anzi, il contesto nel quale vive il bambino sembra di assoluta normalità
A volte è la nascita di un fratello/sorella, un padre o una madre poco presente, l’ingresso alla scuola materna (abbandono), il sentirsi soggettivamente trascurati, un clima “ostile” in famiglia dove sono presenti messaggi e segnali contraddittori.
Ma, se volessimo fare una statistica dei fattori determinanti questa o quella manifestazione, si entrerebbe in un mondo complesso e multiforme, dove “tutto diventa il contrario di tutto” rischiando di concentrarsi su quell’aspetto o su quel personaggio, che tempo dopo viene ridimensionato e poi escluso.
Quello che invece possiamo definire con certezza sono i sentimenti capaci di determinare una manifestazione infantile psicologica.
Il primo per frequenza è quello dell’Ansia.
Questa, non si manifesta nei modi classici che ritroviamo nell’adulto, quali il tremore, la tachicardia, la sudorazione, le pirosi gastriche, gli spasmi addominali, la cefalea, ecc., ma si esprime con la presenza di uno Psicosintomo, come segnale di uno stato di Ansia.
A seguire ci sono poi altri sentimenti oltre l’Ansia, che possono causare uno Psicosintomo.
La Gelosia, le Paure, la Collera, le Insicurezze, gli Abbandoni. Ognuno di questi può causare la comparsa di uno Psicosintomo.
Lo Psicosintomo rappresenta, quindi, la punta d’iceberg di una psiche che soffre (per questo o per quel sentimento), psiche in conflitto con se’ e/o col mondo esterno, ostacolata in quella fase della crescita e di strutturazione da uno o più di quei sentimenti sopracitati.
Il come si manifesta il disagio alla fine diventa “poco” significativo in sè, cioè che sia un tic, o la balbuzie, o spasmi respiratori, o le apnee con il pianto, rimane comunque esso un segnale che il bambino sta vivendo un sentimento sproporzionato per la sua psiche infantile.
Veniamo ora alle caratteristiche che contraddistingue ognuno di questi Psicosintomi Infantili.
Esse sono:
* iniziano all’improvviso,
* autonomamente, spesso senza una evidente causa scatenante
* a volte sono il prolungamento di un atteggiamento infantile,
* durano un tempo definito, (spesso è decisamente lungo, e va da alcuni mesi a più’ di un anno, tra remissioni e riprese).
* di norma scompaiono spontaneamente in maniera graduale
* di solito lasciano “reliquati”.
Veniamo ora all’eventualità di più frequente riscontro: la scomparsa lenta o veloce del sintomo senza aver praticato nessuna terapia specifica, e quando ciò accade, tutto sembra essere risolto.
In realtà e’ soltanto una risoluzione apparente. Cosa è avvenuto in realtà?
Il sentimento-motore non è scomparso, è solo “sprofondato” all’interno della psiche del piccolo trascinandosi via anche la manifestazione esterna.
Il nucleo psicologico del bambino che comunque si è formato sotto la spinta autonoma di strutturazione dell’Io, ha finalmente fatto fronte al sentimento (es. l’Ansia), causa della manifestazione, senza però risolverlo: esso rimane “nel profondo”, inalterato, entrando in una fase di attesa come di letargo.
Questo, riemergerà inevitabilmente, in età adulta, manifestandosi con i classici problemi emotivi, dal nervosismo accentuato alle crisi di ansia, a forme di depressione o a disturbi caratteriali.
Attualmente, le strategie farmacologiche a disposizione del medico pediatra per risolvere i quadri più comuni, si basano sull’azione sedativa degli antistaminici e qualche integratore fitoterapico a base di piante quali Melissa, Biancospino, Tiglio, o la prescrizione di Melatonina. I risultati sono soddisfacenti, ma e’ pur sempre una terapia aspecifica solo sintomatica, che ha un tempo di prescrizione e di valutazione di efficacia. (Una farmacologia a base di neurolettici e’ prevista invece per trattare i quadri più gravi, cioè vere e proprie sindromi psichiatriche dell’infanzia quali l’autismo, depressione, dissociazione, ecc.).
Quando il fenomeno Psicosintomo è poi molto disturbante, il pediatra consiglia delle sedute psicologiche costituite dalla triade bambino-genitori-terapeuta, che consistono in un ciclo di setting per chiarire quali sono le tensioni in seno alla famiglia, scuola, ecc.
Questo consiglio di per sé molto utile, non e’ però purtroppo accettato come “soluzione” dai genitori, anzi frequentemente e’ rifiutato dagli stessi che, per primi sono riluttanti ad ammettere che quel sintomo abbia un significato di disagio psicologico.
La soluzione più corrente che di solito viene adottata? Si aspetta che passino.
Dalla mia esperienza clinica pratica invece, l’attesa è errata, perché posso dimostrare come una terapia omeopatica intervenga efficacemente offrendo una risoluzione rapida del problema Psicosintomo, non solo nella sua apparenza, ma in profondità, perché costituisce una terapia mirata alla sfera psicologica del bambino.
Veniamo ora allo schema terapeutico specifico.
Terapia Omeopatica Psicosintomi Infantili:
1) l’individuare il Simillimum del bambino e prescriverlo a Medie e Alte diluizioni, centesimali e korsakoviane, o LM. La sua azione e’ quella di agire profondamente sulla sfera emotiva e mentale.
I farmaci qui’ sottoelencati sono i maggiori Simillimum, insieme ai farmaci di Costituzione, sul quale il medico omeopata deve concentrare la sua attenzione al momento della terapia:
-Phosphorus,
-Silicea,
-Natrum Muriaticum,
-Tubercolinum,
-Argentum Nitricum,
-Calcarea Fluorica,
-Luesinum,
-Calcarea Phosphorica,
-Medorrhinum,
-Gelsemium
2) contestualmente, prescrivere uno o più farmaci omeopatici repertorizzati, per il sintomo contingente, acuto.
Questi sottoelencati, devono essere prescritti solo a basse diluizioni, quali 5CH, 7CH, 9CH, in granuli o gocce, e se si è certi del sintomo anche in mono dosi al la 200K.
I più comuni sono:
-AGARICUS: per tics, spasmi muscolari involontari localizzati, tremori.
-ARGENTUM NITRICUM: per il bambino magro, ansioso, sempre agitatissimo, mai fermo, frettoloso. Per la scelta di questo rimedio devono essere presenti nella storia clinica anche dolori gastrici e alvo lento.
-BELLADONNA: farmaco per la balbuzie e per gli spasmi addominali, efficacissimo, se alternato a STRAMONIUM, per i disturbi del sonno quali i risvegli notturni con urla e pianto (pavor nocturnus).
-CAUSTICUM: per bambino magro, bruno, molto piagnucoloso, che non si addormenta mai da solo, sempre malato.
-CHAMOMILLA: per il bambino di costituzione carbonica, ipersensibile al dolore (+eruzioni dentarie), irascibile, capriccioso, testardo, con abitudini inopportune e disagevoli. Insonnia iniziale, dorme solo se cullato.
-CINA: bruxismo notturno, per un bambino testardo, lamentoso, capriccioso, che non vuole essere toccato, sbadiglia di frequente e digrigna i denti di notte
-COFFEA: non poter dormire da soli per insonnia iniziale, loquacità notturna, iperacusia e agitazione nel letto.
-FERRUM PHOSPHORICUM: per enuresi notturna in un bambino di costituzione fosforica
-GELSEMIUM: rimedio per i tremori, idee fisse, piccoli rituali e manie ripetitive. Stimolo ad urinare frequentissimo. Coliche addominali sine causa.
-KREOSOTUM: per enuresi notturna nella prima parte del sonno, escoriazioni inguinali
-IGNATIA: spasmi affettivi respiratori gravi dopo il pianto. Ignatia e’ efficace per tutti i sintomi nervosi o fisici che compaiono in seguito ad uno shock nervoso causato da un forte spavento, o essere stato testimone di eventi violenti. Da ciò pianti immotivati, depressione, anoressia, bulimia, bisogni orali, tics motori.
-LACHESIS: per tutti quei sintomi (i più vari), nei quali il sentimento scatenante e’ la gelosia. Sintomi che si manifestano per attrarre maggiore interesse da parte della famiglia.
-KALI BROMATUM: e’ il rimedio per il “bambino ipercinetico”, mai fermo, con insonnia costante e digrignamento dei denti durante il sonno. Difficolta’ di apprendimento scolastico. DHDA.
-MOSCHUS: lipotimie frequenti e tendenza a svenire, senza causa neurologica, mutevolezza di umore, agitazione
-NUX MOSCHATA: per il bambino depresso, silenzioso, sonnolente, come se vivesse in un sogno.
-NUX VOMICA: indicata nella cura dell’insonnia per eccesso di stanchezza, per crisi di collera e cefalea.
-ORIGANUM: per sessualita’ precoce, onanismo (nei maschi)
-PLATINA: per onanismo accentuato (nelle bambine).
-PLANTAGO: per enuresi notturna abbondante e periodica. Bambini con dentizione difficoltosa.
-SILICEA: per debolezza, nervosismo, se il bambino è estremamente pauroso e presenta una spiccata tendenza alle idee fisse.
-STAPHYSAGRIA: per i sintomi nervosi causati da una collera trattenuta o da un’ indignazione nascosta.
-STRAMONIUM: pavor nocturnus, paura del buio. Urla notturne, sogni terrificanti
-TARENTULA: per una mutevolezza estrema di ogni stato d’animo, accompagnata ad irrequietezza motoria (e’ l’acuto di Ignatia).
-ZINCUM: movimenti continui delle gambe o dei piedi, quando e’ a riposo, seduto o steso.
In tutti questi rimedi ritroviamo costantemente la caratteristica di ipersensibilità ed ipereccitabilità nervosa.
Uno sguardo alla nutrizione: sempre benefica una dieta temporanea ma drastica con pochissime proteine animali e vegetali. Utilizzando invece, carni bianche bio, pesce, verdure, frutta (queste ultime raramente il bambino le apprezza), cereali bio raffinati o integrali. Divieto assoluto di Junk Food, succhi industriali, the e cola, e limitare il sale. Anche l’eliminazione del latte di mucca e dei suoi derivati può dare beneficio.
Le proteine “pesanti”, zuccheri e sali in eccesso hanno sempre un effetto eccitante sul SN del bambino.
BIOTERAPIE PSICOSINTOMATICHE ASSOCIABILI ALLA
TERAPIA OMEOPATICA PRINCIPALE
Scegliere tra:
TILIA TOMENTOSA (Tiglio): 1DH mac.glic. 10-30-50 gocce (a seconda del peso del bambino), in poca acqua prima di cena.
Gemmoterapico antispastico viscerale (coliche addominali) ed ipnoinducente. L’effetto miorilassante e’ sempre notevole. E’ consigliabile un uso continuato per vederne gli effetti piu’ marcati.
CRATAEGUS OXYACANTA (Biancospino): utilizzabile sia in 1° decimale hahnemmaniana (1DH), macerato glicerico, e sia in Tintura Madre. Per la prima dalle 10 alle 30-40 gocce; per la seconda non piu’ di 5-10-15 gocce, sempre nelle ore serali.
E’ efficace per la tachicardia, l’ipereccitabilita’ neuro-vascolare. Forte ipnoinducente.
PASSIFLORA T.M.: sedativo centrale, con la posologia di cinque, dieci, quindici gocce in acqua a seconda del peso del bambino.
MELISSA T.M.: come sopra.
FICUS CARICA 1DH mac.glic.: 15-30 gocce al di’ per tutti quei Psicosintomi su base neurovegetativa, quali la gastrite, l’emicrania, la colite e tutte le patologie connesse ad un disordine simpatico, a partenza corticale o ipotalamica.
BETULA PUBESCENS e BETULA VERRUCOSA 1DH mac.glic: stessa posologia, ma indicato per le prime forme depressive ed autistiche. Agisce sulla sostanza reticolare encefalica.
In commercio attualmente troviamo molti composti, cioè molte miscele delle piante sopracitate, sottoforma di sciroppi o gocce. Ma si è visto che è piu efficace fare terapie singole, scegliendo una pianta per volta, e testandone l’efficacia terapeutica.
In Organoterapia scegliere tra:
CEREBRINUM 5CH: fiale os, una al di’ o una fiala a giorni alterni per stimolare il Sistema Nervoso Centrale in bambini torpidi e iporeattivi. Organoterapico utile, a lunga scadenza, per le forme di ritardo mentale, di poca resa scolastica, di depressione.
CEREBRINUM 9CH: fiale os, stessa posologia, al contrario per frenare il “bambino ipercinetico”, in agitazione psicomotoria grave, con scatti di collera, convulsioni epilettiche con alterato E.E.G.
AXE-CORTICO-HYPOTALAMIQUE: una 5CH per stimolare, una 7CH per riequilibrare, una 9CH per sedare. Sempre fiale per os.
THALAMUS, HYPOTHALAMUS: a Basse, Medie, Alte Diluizioni a seconda del quadro clinico.
HYPOPHYSIS: se il disturbo psichico coinvolge o e’ causato da un disturbo endocrinologico.
*Direttore Scuola di Roma S.M.B.Italia
Spec in Pediatria
Prof.a.c. in Nutrizione Clinica
Bibliografia
-“Omeopatia e Psicoanalisi”
Edward C. Whitmont
Ed Red 1987
-“Materia Medica Omeopatica”
Ruggero Dujany
Ed Cortina 1988
– “Corso di perfezionamento in Fitoterapia e piante officinali”
P. Campagna, R. Miccinilli
Ed Università della Tuscia Viterbo 2000
-“Omeopatia e Pediatria”
Gaetano-Maria Miccichè
Ed Tecniche Nuove 2011
Cahiers de Biotherapie:
NEUROPATIE
Dr. Pietro Prandi
Il sistema nervoso consiste di due componenti : il sistema nervoso centrale, costituito da encefalo e midollo spinale, e il sistema nervoso periferico, costituito da nervi che connettono il sistema nervoso centrale ai muscoli, alla pelle e agli organi interni. Il sistema nervoso periferico è la parte danneggiata in corso di neuropatia. Neuropatia è, quindi, il termine usato per descrivere disturbi conseguenti a danno dei nervi periferici.
In base al tipo di fibre che contengono, si possono identificare tre tipi di nervi : motori, sensitivi e vegetativi o autonomici. I nervi motori sono responsabili dei movimenti volontari. I nervi sensitivi ci permettono di sentire il dolore, le vibrazioni, il tatto, di riconoscere le forme degli oggetti solo toccandoli e di conoscere la posizione di parti del nostro corpo nello spazio. I nervi autonomici controllano funzioni involontarie (cioè non sotto il controllo della volontà) come il respiro, il battito cardiaco, la pressione arteriosa, le funzioni digestive e sessuali. Sebbene molte neuropatie interessino, in grado diverso, tutti tre i tipi di fibre nervose, in alcuni casi solo uno o due tipi di fibre sono interessati e si parla, pertanto, di neuropatie puramente o prevalentemente motorie, sensitive o vegetative.
Alcune neuropatie esordiscono in maniera improvvisa, altre in maniera graduale nell’arco di anni. I sintomi dipendono dal tipo di fibre nervose interessate (motorie, sensitive, vegetative) e dalla loro localizzazione, ma nella maggior parte dei casi si manifestano con debolezza e astenia muscolare, formicolii e parestesie, dolore.
In particolare i sintomi sensitivi sono : dolore; torpore; bruciore; formicolio; sensazione di puntura di spillo o di scarica elettrica; sensazione di arto fasciato “a calzino”; sensazione di arto freddo.
I sintomi motori sono : sensazione di impaccio nei fini movimenti delle dita; sensazione di debolezza nel sollevare un peso, portare le braccia in alto, chiudere con forza la mano, stringere un oggetto; diminuzione di forza alle gambe, facile affaticabilità nel camminare o nel salire le scale.
I principali segni neurologici sono : alterazioni del tono e trofismo; alterazioni dei riflessi; deficit di forza; fascicolazioni; ipoestesia-anestesia (diminuzione-assenza di risposta agli stimoli dolorosi); iperestesia (aumento della risposta sensoriale agli stimoli dolorosi); iperalgesia (anomala risposta a stimoli normalmente poco dolorosi che invece accentuano il dolore); allodinia (anomala risposta a stimoli normalmente non dolorosi che provocano dolore anche spiccato).
Si possono distinguere due grossi gruppi di neuropatie : ereditarie (causate da anomalie genetiche) e acquisite (dovute a malattie acquisite nel corso della vita). La maggior parte delle neuropatie sono acquisite e possono essere dovute a diverse cause. Quando la causa della neuropatia non è nota, si parla di neuropatie “idiopatiche”.
Le principali Neuropatie acquisite sono :
1) da Diabete.
2) da Alcool e altre sostanze tossiche : piombo, arsenico, mercurio, solventi organici e insetticidi.
3) da Deficit nutrizionali (neuropatie carenziali) : deficit di vitamina B12, B1 (tiamina), B6 (piridossina) e vitamina E.
4) Neuropatie in corso di malattie sistemiche : insufficienza renale cronica, epatopatie, alterazioni endocrine (per es. ipotiroidismo).
5) Neuropatie immuno-mediate (causate da un’alterazione del sistema immunitario) :
a. Sindrome di Guillain-Barrè è una poliradicolonevrite acuta, ad esordio rapido, che può evolvere a paralisi totale e insufficienza respiratoria nell’arco di giorni dall’esordio. È spesso preceduta da infezioni o vaccinazioni che sono considerati fattori “scatenanti”. Una variante della Guillain-Barrè è la sindrome di Miller-Fisher, che si manifesta con “caduta” delle palpebre (ptosi palpebrale) e marcia instabile (atassica).
b. Poliradicolonevrite infiammatoria demielinizzante cronica considerata la variante cronica della Guillain-Barrè, può presentarsi con attacchi ripetuti o con un andamento lentamente progressivo.
c. Neuropatie croniche con autoanticorpi verso i nervi periferici.
d. Neuropatie associate a vasculiti : diverse malattie reumatologiche, come l’artrite reumatoide, il lupus eritematoso sistemico, la panarterite nodosa, o la sindrome di Sjogren sono associate a vasculite generalizzata, che può coinvolgere anche i nervi periferici.
e. Neuropatie associate a gammopatie monoclonali.
6) Tumori : una neuropatia può derivare da un’infiltrazione diretta dei nervi da parte di cellule tumorali o da un effetto indiretto, a distanza, del tumore (“sindrome paraneoplastica“)
7) Amiloidosi : l’amiloide è una sostanza che si deposita nei nervi periferici interferendo con la loro funzione.
8) Agenti infettivi : virus o batteri possono causare neuropatie (Herpes Zoster, virus dell’AIDS, Citomegalovirus, epatite B e C, borreliosi o malattia di Lyme, lebbra, difterite, tripanosomiasi).
9) Farmaci (vincristina e cisplatino, nitrofurantoina, amiodarone, disulfiram, dapsone).
10) Trauma o compressione : neuropatie localizzate possono derivare da un trauma esterno o da compressione da parte di tendini o di altri tessuti circostanti (sindrome del tunnel carpale, radiculopatie cervicali e lombo-sacrali tipo “sciatica“ ecc).
11) Idiopatiche.
Le principali Neuropatie Ereditarie sono :
1) HSMN (Hereditary Sensory Motor Neuropathy) o Malattia di Charcot-Marie-Tooth (CMT) : è una neuropatia demielinizzante a lenta evoluzione.
2) Neuropatia amilodotica familiare : dovuta a una mutazione di una proteina detta transtiretina che si deposita sotto forma di amiloide nei nervi periferici, inducendo il danno.
3) Neuropatie in corso di porfiria : malattia ereditaria da alterato metabolismo delle porfirine si associa a neuropatia periferica, prevalentemente motoria.
Il trattamento di una Neuropatia si basa su due punti essenziali :
a) Eliminare la causa della neuropatia;
b) Ridurre i sintomi della neuropatia.
Nel primo caso un deficit vitaminico può essere corretto con somministrazione orale o parenterale della vitamina deficitaria. Eventuali infezioni vengono trattate con antibiotici o agenti anti-virali. Malattie autoimmuni spesso rispondono alla plasmaferesi, terapie immunosoppressive o immunomodulanti. Nelle neuropatie paraneoplastiche il trattamento è volto ad eliminare il tumore sottostante. Le neuropatie tossiche o indotte da farmaci vengono trattate rimuovendo l’agente causale. Nel diabete, un attento controllo dell’iperglicemia aiuta a rallentare la progressione della neuropatia.
Nel secondo caso i sintomi principali delle neuropatie sono dolore e debolezza muscolare. Il dolore può essere alleviato con farmaci analgesici. Fisioterapia e ausilii fisioterapici possono essere d’aiuto nel mantenere la forza muscolare e migliorare la “performance” motoria.
La terapia può alleviare, rallentare o guarire la neuropatia. Una volta che il danno è bloccato, il nervo può rigenerare. Il grado di recupero dipende da quanto severo era stato il danno.
Fra i farmaci che si possono utilizzare per ridurre i sintomi delle Neuropatie ci sono sicuramente i rimedi Omeopatici.
Per la risoluzione della patologia occorre sempre individuare il rimedio di fondo, ma si può ricorrere anche soltanto a rimedi sintomatici fra cui le Magnesie e molti Metalli Pesanti.
Magnesia Carbonica : dolore nevralgico forte, violento, improvviso, segue tragitto del nervo,migliora col movimento, migliora con applicazioni fredde, peggiora di notte, periodicità ogni 21 giorni, lateralità sinistra.
Magnesia Phosphorica : dolore nevralgico con inizio e fine improvvisi, segue tragitto del nervo, migliora col calore locale, migliora con forte pressione, migliora col massaggio, peggiora di sera e di notte, lateralità destra, “crampo dello scrivano”.
Agaricus muscarius : dolore come da trafittura di schegge di vetro, tremore che compare al risveglio e scompare dormendo, incoordinazione dei movimenti con andatura incerta, tremore della lingua quando la si tira fuori.
Aranea diadema : da esposizione a freddo-umido, parestesie con sensazione di freddo, sensazione di gonfiore e intorpidimento, sensazione di aumento volume arto, peggiora di notte verso mezzanotte, migliora con forte pressione, depressione con desiderio di morte.
Arsenicum Album : dolore bruciante migliorato da calore locale, astenia con ansia e agitazione, paura di morire, peggiora di notte (h 1-3), peggiora disteso sulla parte malata, migliora col movimento (cambia posizione).
Cadmium metallicum : dolore urente e tagliente; agitazione motoria parte colpita (come Zincum); aggravato da esposizione al freddo, corrente d’aria, esposizione al sole; paralisi faciale sinistra “a frigore”.
Causticum : dolori intensamente urenti (tipo piaga scoperta), dolori crampoidi con sensazione di accorciamento e retrazione tendinea, paralisi ad evoluzione lenta e progressiva con intorpidimento e perdita della sensibilità, migliora con applicazioni caldo-umide, peggiora al crepuscolo.
Conium maculatum : scosse muscolari e mioclonie con tremori diffusi, sensazione di freddo e pesantezza delle estremità, sensazione di perdere improvvisamente la forza camminando, paralisi progressiva dal basso verso l’alto.
Curaro : dolore da stanchezza al rachide dorsale; braccia deboli, pesanti, non può alzare le dita; gambe tremanti, cedono camminando; debolezza muscolare; paralisi.
Gelsemium sempervirens : prostrazione intensa con obnubilamento del sensorio, mialgie con debolezza muscolare fino alla paralisi motoria, ptosi palpebrale con diplopia, tremori diffusi, sensazione di freddo che penetra nel corpo, paralisi motorie tipo Guillame-Barré.
Hypericum perforatum : da trauma diretto del nervo (“Arnica dei nervi”), dolore lungo il tragitto del nervo, dolore bruciante e pungente con parestesie cutanee, peggiorato da aria fredda e umida, peggiorato dal minimo contatto.
Iridium metallicum : paresi spinale, specialmente nell’anziano o dopo malattia debilitante, dolore premente nell’ inguine e nella coscia sinistra, sensazione di tensione in entrambe le cosce, particolarmente nella sinistra, sensazione “legnosa” della parte colpita.
Kalmia latifolia : dolore come lampi folgoranti, lungo il decorso del nervo, dal centro alla periferia e dall’alto verso il basso, aggrava dall’alba al tramonto.
Manganum metallicum : paralisi ascendente progressiva, andatura lenta ed incerta, facies immobile, tremori, desiderio di stare coricato a letto.
Mezereum : post-erpetica e dopo eruzioni cutanee soppresse, sensazione di freddo o di soffio d’aria fredda, dolore bruciante come da ulcerazione, dolori improvvisi, folgoranti, insopportabili, aggravato dallo sfioramento, aggravato di notte.
Picricum acidum : bruciore lungo la colonna dorsale, sensazione di stanchezza e pesantezza agli arti, “crampo dello scrivano”, paralisi ascendente progressiva molto rapida, peggiorato dal minimo sforzo e col tempo piovoso, migliorato dall’ aria fredda, dall’ acqua fredda, dalla pressione stretta.
Platinum metallicum : dolore crampiforme e gravativo, dolore aumenta lentamente fino a un massimo per poi diminuire gradualmente, sensazione che la parte sia aumentata di volume, sensazione di benda che comprime e stringe, peggiora con l’immobilità.
Plumbum metallicum : dolori forti, costrittivi, lancinanti improvvisi, sensazione di pesantezza, tendenza alla paralisi progressiva degli estensori, migliora con la pressione forte e progressiva, aggrava di notte, elettivo per nervo radiale.
Radium metallicum : dolore severo tagliente in tutti gli arti, sensazione di rigidità e fragilità di gambe, braccia e collo, come se si dovessero rompere quando li muove, sensazione di pesantezza degli arti, migliora col movimento continuo, migliora con applicazioni calde.
Ranunculus bulbosus : sensazione di indolenzimento e di freddo, tropismo toracico, peggiora col movimento (respirazione), peggiora col contatto (vestiti), peggiora col cambiamento del tempo.
Stannum metallicum : i dolori appaiono e scompaiono gradualmente e migliorano con forte pressione, debolezza paralizzante e spasmi (lascia cadere gli oggetti, le gambe si piegano), parlare causa una sensazione di estrema debolezza nella gola e nel torace.
Strontium metallicum : nevrite da grande sensibilità al freddo, dolore aumenta e decresce lentamente, dolore corrosivo come fosse nel midollo osseo, presenza di crampi e spasmi, dolore che fa svenire il paziente, migliora con le applicazioni calde.
Thallium metallicum : terribili dolori nevralgici, spasmodici, a fitte, polinevrite, atrofia muscolare con tremori, paralisi degli arti inferiori, paraplegia.
Zincum metallicum : parestesie con dolori brucianti e prurito, sensazione di irrigidimento e stanchezza della parte colpita, sensazione di formicolio come da insetti che corrono sulla pelle, desiderio di alcool con peggioramento, “sindrome delle gambe senza riposo”.
Bibliografia :
Adams e Victor “Principi di Neurologia” – 2002, McGraw-Hill
Dario Cocito, Clinica e terapia delle neuropatie disimmuni, SEEd, 2011,
Angelo Sghirlanzoni, Terapie Delle Malattie Neurologiche, Springer, 2009
Neurologia, Elsevier srl, 2009,
Giorgio Macchi, Malattie del sistema nervoso, PICCIN, 2005
Guida Utile alla Neuropatia http://www.neuropatia.it
G.Charette “Compendio di omeopatia.La materia medica spiegata” – Nuova Ipsa
J.H.Clarke “Dizionario di farmacologia omeopatica” – Nuova Ipsa
M.Tétau “La materia medica omeopatica clinica e associazioni bioterapiche” – Nuova Ipsa
B.Beucci “Trattato di terapia omeopatica” : vol.1 “Materia medica” ; vol.2 “Repertorio clinico” – Siderea
G.Hodiamont “Trattato di farmacologia omeopatica” – Nuova Ipsa
O.A.Julian “Dizionario di materia medica omeopatica : 130 nuovi rimedi” – Nuova Ipsa
J.T.Kent “Repertorio della materia medica omeopatica” – Nuova Ipsa
G.Trapani-L.Zanino “Nozioni essenziali di materia medica omeopatica” – Tecniche Nuove
Rajan Sankaran “L’anima dei rimedi” – Salus Infirmorum
Cahiers de Biotherapie:
ARNICA
ARNICA MONTANA (Famiglia ASTERACEAE o COMPOSITAE )
Danilo Carloni
Il nome deriva dall’alterazione del greco “ptarnikè” che proviene da “ptarnòs” che significa : ciò che fa starnutire , perchè le radici e i fiori dell’arnica sono starnutatori. 1).
Nomi volgari sono infatti, “starnutella” ed “erba delle montagne”.
Habitat e caratteristiche botaniche :
Arnica vive in tutte le montagne del continente europeo e fiorisce nei mesi di giugno e luglio;
è un’erbacea perenne alta dai 20 ai 60 cm., ha un rizoma robusto 4) dal quale origina un fusto eretto, villoso, alla cui base porta delle foglie lanceolate disposte a rosetta basale,, le foglie sono pubescenti sopra e glabre sotto e opposte; produce 1-3 capolini, larghi 5-8 cm. con fiori ligulati (15-25), di colore giallo-oro; ha odore debolmente aromatico, e sapore amarognolo, leggermente piccante e speziato; caratteristico è il frutto costituito da acheni pubescenti sormontati da un pappo di setole bianche, ispide e scabre.
La droga è in genere costituita dal fiore , ma secondo Benigni, Capra e Cattorini anche dal rizoma con le radici.
Il fitocomplesso è caratterizzato dalla presenza di numerosi ed interessanti componenti fra cui spiccano : a) lattoni sesquiterpenici, in particolare elenalina, diidroelenalina e loro esteri acetati, isobutirrati, tigliati,e isovalerati che conferiscono alla droga il caratteristico sapore amaro 5); b) un olio essenziale anche se in modesta quantità pari a circa lo 0,5% e in cui si ritrovano timolo e derivati, inoltre felandrene, mircene, umulene, cadinene e altri; c) carotenoidi che caratterizzano il colore caratteristico dei fiori; d) flavonoidi 2-12) sia come agliconi che come glicosidi ( ad es. astragalina, isoquercitrina, luteolina-7-glicoside; e) cumarine; f) acidi fenolici espressi come acido caffeico, cinarina, acido clorogenico, acido caffeoilchinico; g) triterpeni; h) fitosteroli; i) ac.grassi; l) polisaccaridi (inulina e mucillagini); m) alcaloidi in tracce; n) amine come betaina e colina .
La Farmacopea Europea IV edizione descrive questa pianta e ne definisce il titolo minimo in lattoni sesquiterpenici espressi come elenalina pari allo 0,4%.
In Germania l’arnica è descritta nella farmacopea tedesca nella varietà Chamissonis subspecie foliosa; in alcuni paesi fra cui l’Italia, la raccolta dell’arnica montana per uso industriale, è stata interdetta onde evitare l’estinzione della specie.
Attività
L’arnica viene storicamente utilizzata per le proprietà antinfiammatorie, analgesiche e antiecchimotiche.
Queste azioni, vengono prevalentemente attribuite al sinergismo espresso fra i lattoni sesquiterpenici e i flavonoidi.
I lattoni sesquiterpenici dell’arnica, in particolare elenalina e diidroelenalina, hanno dimostrato la capacità di controllare l’infiammazione grazie all’inibizione della migrazione chemiotattica dei leucociti polimorfonucleati e la relativa rottura delle membrane lisosomiali, riducendo così la liberazione di sostanze citotossiche e pro-flogogene da parte di queste cellule 5).
Sempre a questi componenti e’stata attribuita anche un’attività di controllo dell’aggregazione piastrinica, mediante l’inibizione reversibile delle ciclossigenasi, ( questa azione è potenziata dalla presenza dei carotenoidi e dei flavonoidi).
I lattoni sesquiterpenici elenalina e diidroelenalina, hanno dimostrato di essere in grado di impedire l’attivazione del fattore di trascrizione NF-kappaB coinvolto nell’iniziazione del processo infiammatorio (il fattore NF-kappaB, una volta attivato, regola la trascrizione genica di citochine pro-flogogene, del TNF , della sintasi inducibile il monossido di azoto (iNOS); il fattoreNF-kappaB è presente in quasi tutte le cellule in modo quiescente sotto forma di complesso inattivo ; questo particolare complesso si trova nel citoplasma cellulare ma a seguito di stimoli stressogeni o irritativi se ne determina l’attivazione, ciò determina la liberazione del fattore NF-kappaB e la conseguente migrazione all’interno del nucleo dove lo stesso, agganciandosi a specifici recettori, modifica il percorso biosintetico del DNA orientandolo verso la direzione della sintesi delle sostanze proflogogene precedentemente descritte).
Gli acidi fenolici come il caffeico, il clorogenico e altri presenti nel fitocomplesso dell’arnica, partecipano attivamente al processo di controllo dell’infiammazione e dell’evento traumatico, infatti non solo hanno proprietà antiossidanti e depurative ma sono anche noti inibitori della via classica del complemento 10).
Si è osservato che l’elenalina e la diidroelenlina, inibiscono l’aggregazione piastrinica indotta dal collagene , inibiscono la formazione di trombossano e il release di istamina da parte dei mastociti.
L’azione sulle piastrine sembra legata alla interazione con i gruppi sulfidrilici acido-solubili delle piastrine, operata dai lattoni elenalina e diidroelenalina, ( fino al 78% del contenuto piastrinico) ; quest’attività sarebbe confermata dal fatto che l’aggiunta di cisteina (aminoacido che contiene numerosi gruppi sulfidrilici) contrasterebbe l’affinità di legame alle piastrine.
I lattoni sesquiterpenici posseggono inoltre attività antinevralgica7); e in vitro hanno dimostrato un’azione antibatterica e antifungina 8).
Alla frazione triterpenica (triterpeni alcolici) e ai flavonoidi dell’arnica, sono attribuiti effetti spasmolitici in particolare a livello della muscolatura liscia vascolare, permettendo così la distensione dei tessuti soggetti a stato infiammatorio e conseguente azione antidolorifica .
Alcuni ricercatori hanno dimostrato l’attività antinfiammatoria dell’arnica mediante il test dell’edema della zampa del ratto indotto da carragenina; l’elenalina , somministrata per via intraperitoneale, ha ridotto l’edema in percentuale che varia dal 72 al 77% ; analogamente tramite il test di Writhing , che consente di rilevare l’effetto analgesico sui dolori di origine infiammatoria, ha dimostrato di ridurre , nel topo, le contrazioni (secondarie allo stato flogistico) fino al 90% .
Recentemente è stata attribuita all’arnica anche un’attività di controllo sulla produzione della proteina attivatrice AP-1 e sulle proteasi definite MMP1 e MMP13 ; ( AP-1 è una struttura proteica formata da due subunità definite “Jum” e “Fos” la cui sintesi avviene ancora una volta dopo la precedente attivazione del già noto fattore trascrizionale NF-kappaB; la proteina AP-1 una volta attivata determina a sua volta la liberazione e attivazione degli enzimi proteasici MMP 1 e 13; questi enzimi sono importanti in ambito reumatologico e traumatologico perché hanno come target le cartilagini articolari, la struttura del collagene, il tessuto connettivo e molte altre strutture della pelle, tutte degradate dell’azione degli stessi) 12).
Effetti dimostrati
L’azione principale di arnica è quella antinfiammatoria, ma anche analgesica e antisettica ; l’applicazione topica di estratti della pianta determina inoltre un miglioramento dell’emodinamica circolatoria favorendo così un più pronto riassorbimento dello stravaso conseguente al trauma.
Uno studio clinico in cui sono stati coinvolti pazienti operati alla mano perché affetti da sindrome del tunnel carpale , ha evidenziato che la somministrazione di arnica in pomata, dopo 7 giorni di trattatamento, determinava una significativa riduzione del gonfiore e del dolore nella parte interessata 5).
Preparazioni a base di arnica vengono usate con successo per numerose affezioni delle mucose e della pelle; sono usate in tutte le forme infiammatorie delle mucose oro-faringee 6), alla dose di 5-10 gocce di tintura, disperse in un bicchier d’acqua o di infuso di camomilla, per toccature o sciacqui da effettuare più volte al dì .
Compresse imbevute di arnica TM possono fornire ottimi risultati nel trattamento di emorroidi , nei disturbi muscolari o articolari di natura traumatica, e negli edemi da frattura.
Le preparazioni per uso topico a base di arnica non devono superare in genere il 20% di concentrazione , la formulazione più accreditata per uso topico prevede l’utilizzo al 10% della TM realizzata secondo H.A.B. Tedesca §3 .
Uno studio pubblicato nel Journal of American Institute of Homeopathy , vol.89-number 4 , 1996, ha evidenziato l’utilizzo di due gel per uso topico a base di arnica , uno alla 1D e l’altro alla 6CH, vs placebo , in soggetti che presentavano dolore muscolare acuto , il test è stato realizzato in doppio cieco contro placebo ( solo eccipienti).
I soggetti trattati nelle due prove avevano partecipato alla corsa annuale al Central Park di New York, cui partecipano molti dilettanti e podisti domenicali; alla fine del test la differenza di risultati positivi fra i due gel a base di arnica diluita omeopaticamente era solo del 10% , mentre fra i due gel e il placebo la risposta in successi si discostava del 27% 11).
Un interessante lavoro condotto da Widrig e coll. ( Rheumatol. Int. 2007) ha confrontato l’attività di una pomata a base di Arnica al 10% con un gel a base di Ibuprofene al 5%, nel trattamento dell’osteoartrite della mano : sono stati trattati 204 pazienti per 21 giorni ; lo studio è stato realizzato con metodo random e in doppio cieco; alla conclusione del test sono stati valutati segni soggettivi come il dolore, la funzionalità articolare; il grado di efficacia e sicurezza sono stati valutati sia da parte del medico che del paziente; è stata poi verificata l’eventuale assunzione di analgesici (paracetamolo) ; la conclusione dello studio ha evidenziato che l’azione antinfiammatoria di arnica al 10% in pomata è stata equivalente a quella del gel al 5% di ibuprofene.
Le Monografie ESCOP riportano che l’arnica ( dopo indagine pletismografica e valutazioni soggettive come tensione, gonfiore e dolore agli arti inferiori) è risultata superiore al placebo in soggetti affetti da insufficienza venosa cronica.
L’utilizzo omeopatico di Arnica è indirizzato verso tutte quelle problematiche di natura traumatica e post-traumatica, affrontando le relative conseguenza sia a livello fisico che psicologico, trova anche indicazioni nelle manifestazioni emorragiche, nelle mestruazioni abbondanti, in vari disturbi legati ad insufficienza vascolare.
Le preparazioni per uso interno a base di arnica Tintura Madre, infuso etc. non sono più usate da tempo ; infatti la somministrazione sistemica determina irritazione delle mucose e può provocare cefalea, vertigini, algie addominali, nausea, vomito, crampi, diarrea, grande debolezza muscolare, collassi, inoltre turbe vasomotorie, come palpitazioni e turbe respiratorie come tachipnea.
L’ingestione di una quantità di circa 30 ml. di tintura al 20%, può produrre sintomi gravi ma non fatali .
L’uso classico e più accreditato è quello esterno, per il trattamento di ecchimosi conseguenti a distorsioni e contusioni, sequele da intervento chirurgico, disturbi della circolazione venosa e infiammazioni articolari.
Preparazioni cosmetiche a base d’arnica sono consigliate come tonici per capelli e cuoio capelluto e in formulazioni antiforfora 8).
Per evitare fenomeni allergici o dermatiti da contatto si potrebbe utilizzare solo arnica di provenienza portoghese , che per il 90% viene raccolta allo stato selvatico, e per questo contenente in prevalenza il sesquiterpene diidroelenalina , che non provoca dermatiti, di solito causate invece, dalla presenza di elenalina.(in Germania si è orientati all’ utilizzo di solo questo tipo di arnica) 9).
Le forme farmaceutiche più utilizzate sono le creme o gel al 4-10% di arnica tintura madre, da applicare su cute integra, due quattro volte al dì ; è sconsigliato il metodo di applicazione in occlusione, le monografie ESCOP non pongono restrizioni all’uso topico in gravidanza e durante l’allattamento.
Danilo Carloni, farmacista , erborista, docente SMB , Sifit
Riferimenti bibliografici
1)Piante medicinali Benigni,Capra,Cattorini Inverni D.Beffa
2)Monografie Tedesche,Studio Edizioni
3)Piante officinali per infusi e tisane, R.Della Loggia , OEMF
4)Botanica farmaceutica,F.Sappa,parte speciale ed.Levrotto e Bella (To)
5)sito Web Pharbenia , www.pharbenia.it
6)Dizionario fitoterapia e piante medicinali, E.Campanini Tecniche nuove
7)Tinture madri in fitoterapia M.Rossi,,Studio edizioni.
8)Enciclopedia Piante medicinali , Leung,Foster ed.Planta Medica
9)Acta Phitoterapeutica,vol IV , n.3 2001, p.119
10)Acta Phitoterapeutica , vol.IV , n.4 2001 , p.118
11)Laboratori Boiron , studio clinico Arnica
12)F.Capasso, R. Capasso Arnica L’Erborista 2-2010
Cahiers de Biotherapie:
I FITOESTROGENI: UNA SOSTITUZIONE ORMONALE DI ORIGINE VEGETALE
Una alternativa all’ormonoterapia?
La soia e altri vegetali contengono dei fito estrogeni. Il più studiato è la G.
Il loro consumo strettamente legato ad una debole incidenza delle vampate di calore e dell’osteoporosi in menopausa, dei tumori ormonali e delle malattie cardiovascolari.
I loro effetti favorevoli vengono spiegati in seguito alla loro attività estrogenica e anti- estrogenica. Molti meccanismi di azione sono stati cmprovati in vitro, altri in vivo.
L’alimentazione abituale dei giapponesi comprende in media 600 grammi di soia al giorno. La debole incidenza dei disturbi della menopausa ( vampate di calore, osteoporosi ), tumori ginecologici, di prostata e di malattie cardiovascolari è proporzionale al consumo di soia, questo grazie ai suoi fito estrogeni, isolati dal 1975 ed esistenti in 300 piante commestibili e non commestibili.
Gli studi scientifici, sono numerosi, ed utilizzano delle concentrazioni titolate in isoflavoni.
Segnaliamo, nel 1995, il Congresso Internazionale di Bruxelles sulla soia e terapia, nel 1997, il Congresso di Vienna sulla menopausa.
UN BREVETTO INTERESSANTE SUI FITOESTROGENI
Il Servizio di Ricerca del Gruppo EPA Biotecnologie ha lavorato svariati anni su questo argomento.
Hanno messo a punto un processo naturale che permette alle piante di produrre ormoni (G.D.) partendo dai grani di soia biologici, coltivati in vitro e ottenuti tramite estrazione controllata.
Questo tipo di processo permette l’ottenimento di isoflavoni (fito estrogeni) in quantità da 20 a 50, volte superiori ai valori abitualmente riscontrati nella soia.
STRUTTURA DEI FITOESTROGENI
Sono delle sostanze a struttura ciclica che sono in grado di unirsi al recettore nucleare dell’estradiolo.
Sono da 1000 a 10000 meno estrogenici che l’ estradiolo, ma le posologie impiegate sono più forti e le reazioni metaboliche, che scaturiscono dalla loro unione ai recettori, sono garantite.
ESISTONO TRE CATEGORIE DI FITOESTROGENI
E’ la scissione dei precursori presenti nei vegetali, dovuta ai batteri intestinali che permette di ottenere le forme attive.
VEDI SCHEMA ALLEGATO
MODO D’AZIONE DEI FITOESTROGENI
Gli isoflavoni hanno una struttura difenolica simile a quella degli estrogeni di sintesi,
con una scarsa attività estrogenica, ma si legano con la stessa affinità dell’estradiolo sui recettori nucleari degli estrogeni di tipo II.
Inducono degli effetti estrogenici quando sono presenti in concentrazione elevata. Al contrario, in presenza di estradiolo, hanno un effetto anti-estrogeno. I diversi meccanismi di azione saranno analizzati di seguito per patologia.
FITOESTROGENI E VAMPATE VASOMOTRICI
Le vampate di calore rappresentano il disturbo climaterico più fastidioso.
Murkies nel 1995, ha realizzato il primo studio comparativo reclutando 58 donne in menopausa che presentavano per 14 volte al giorno vampate di calore.
(L’autore ricorda, tra l’altro, che la farina di soia ripristina la troficità della mucosa vaginale nella post menopausa).
La loro dieta giornaliera viene arricchita da 45 grammi di farina di soia, e da 45 grammi di farina di frumento, questo per dodici settimane. Studio randomizzato in doppio cieco. Il 15% di donne trattate con farina di frumento hanno presentato meno vampate di calore ( effetto placebo ), contro il 40% trattate con farina di soia: l’efficacia della soia è netta: p < 0,01 ( la compliance è stata confermata dal dosaggio del Daidzein urinario).
Le donne giapponesi non hanno praticamente vampate di calore. Il tasso urinario di isoflavoni è da 10 a 10000 volte superiore a quello delle donne occidentali. Se facciamo adottare alle donne giapponesi una alimentazione occidentale, le loro vampate di calore compaiono in parallelo alla caduta del tasso di isoflavoni. I fitoestrogeni , pertanto, esercitano un diretto effetto estrogeno-like. La posologia richiesta per ottenere una scomparsa netta delle vampate di calore è di 35 mg circa di isoflavoni puri, di molto superiore al tasso d’isoflavoni inclusi nei 45 grammi di farina di soia dello studio fatto da Murkies.
Parallelamente alla diminuzione delle vampate di calore si può osservare un miglioramento dello stato generale e psicologico, spesso alterato durante il periodo della menopausa.
FITOESTROGENI E ATEROSCELROSI
I metabolismi della D. inibiscono l’ossidazione dei LDL a scarse concentrazioni, evitando l’aumento del numero di macrofagi alterati dai LDL ossidati.
La G. blocca, tramite l’inibizione della tirosina kirasi, la proliferazione indotta dai fattori di crescita nelle pareti arteriose e interferisce con la secrezione delle citochine infiammate dai macrofagi.
Inibisce ugualmente in vitro, ma non nell’uomo, l’aggregazione delle piastrine.
Inibisce la secrezione dei fattori distensivi endoteliali (NO) attraverso il suo effetto sulla NO sintetasi. Esistono dunque diretti effetti sull’ endotelio. Gli effetti osservati sulla diminuzione in vivo del LDL colesterolo e del colesterolo totale sono variabili a seconda degli autori. Uno studio recente sulle scimmie (Anthony M.S. et al.) testimonia una diminuzione molto significativa del LDL colesterolo (< 0,0001) dei TG (p < 0,0001), associato a un aumento significativo del HDL (p < 0,0001) nel gruppo che riceve le proteine di soia ricche di isoflavoni.
FITO ESTROGENI E OSTEOPOROSI
Le donne giapponesi, a differenza di quelle occidentali, sono meno soggette all’osteoporosi. In rapporto al gruppo che assume della farina di frumento, lo studio di Murkies (sopra citato) dimostra che le donne che hanno assunto farina di soia sono protette da un aumento dell’idroxyprolinuria (agente rivelatore dell’osteoporosi).
Per tutti gli studi realizzati, viene utilizzato l’ipriflavone. Si tratta di un fitoestrogeno di sintesi metabolizzato in D. Può prevenire l’osteoporosi e ristabilire un equilibrio del calcio con miglioramento della DMO a livello della colonna lombare nel giro di un anno in 40 donne osteoporotiche in post menopausa. (Valente)
La G. frena l’attività degli osteoclasti e stimola gli osteoblasti (come il * Premarin) (Blair).
FITO ESTROGENI E TUMORE DEL SENO E DELL’ENDOMETRIO
Gli isoflavoni hanno una attività anti-estrogenica, in presenza di estradiolo, entrando in competizione con quest’ultimo a livello dei recettori nucleari, in modo tale da inibire in vitro, su cellule tumurali del seno, la proliferazione delle cellule ormoni dipendenti.
La G. inibisce la proliferazione delle cellule MCF – 7 umane con apoptosi entro 72 ore. Questo effetto è dose dipendente. (Pagliacci)
Gli isoflavoni stimolano la sintesi epatica del SHBG (Sex Hormone Binding Globuline) così la frazione plasmatica libera dagli estrogeni diminuisce.
Questo effetto è variabile. Il tasso di estrogeno può ugualmente diminuire per l’effetto inibitore aromatasico di alcuni isoflavoni.
Esistono altri effetti antitumorali non dovuti all’effetto anti-estrogenico:
– La G. inibisce la tirossina Kinasi favorendo una diminuzione della divisione cellulare.
– La G. inibisce la topoisomerasi favorendo una diminuzione dell’ossidazione cellulare.
L’azione antiossidante e antiradicale è dovuta al gruppo OH in posizione 4.
La G. inibisce l’angiogenesi. Korzenik l’ha studiata nel trattamento della teleangectasia emorragica ereditaria che è una malattia autosomica dominante causata da una irregolarità dell’angiogenesi.
Tre studi , sui fitoestrogeni, hanno stabilito una riduzione significativa del rischio di tumore al seno in pre-menopausa, uno solo in post-menopausa.
FITO ESTROGENI E TUMORE DELLA PROSTATA
L’epidemiologia rivela che nei giapponesi l’incidenza del tumore alla prostata è scarsa ed è inversamente proporzionata al loro consumo di soia.
Feller nel 1996 prova che la G. inibisce la proliferazione delle linee cellulari del cancro alla prostata umana in coltura.
In 8000 Hawaiani dai 18 ai 21 anni, è stata accertata la diminuzione del rischio di tumore della prostata e la quantità di soia consumata.
Sono in corso studi attestanti l’impatto della consumazione di G. sul tasso di PSA (Barnes S. et al., University of Alabama).
CONCLUSIONE
La ricerca in vivo continua più che mai.
La speranza è che nel futuro possa essere sempre più accertata l’efficacia dei Fitoestrogeni a parità dell’estradiolo nel trattamento sostitutivo della menopausa.
Infine e non è da sottovalutare, c’è la possibilità che gli isoflavoni possano prevenire il tumore al seno.
Cahiers de Biotherapie:
LA CEFALEA IN ETA’ PEDIATRICA:
POSSIBILITA’ E LIMITI DELLA TERAPIA OMEOPATICA
Gianfranco Trapani
Introduzione
La cefalea è un problema quotidiano nella pratica clinica ambulatoriale pediatrica. La qualità della vita modificata, il rapporto figli – genitori, la competizione nella scuola e nello sport, la scarsità o l’eccesso di sonno, gli alimenti sofisticati o comunque ad azione eccitante, hanno provocano un aumento di questa patologia. Le sue origini sono comunque molto antiche. I Sumeri ed i Babilonesi avevano descritto le crisi di cefalea 5.000 anni prima di Cristo, così come in seguito avrebbero fatto poi Ippocrate e Galeno (1). L’incidenza della malattia è variabile nei bambini in età scolare, dal 5% per l’emicrania al 15% per la cefalea di tipo tensivo. La frequenza aumenta nella seconda decade di vita interessando prevalentemente le bambine dopo la pubertà. I rapporto femmina maschio che è uguale prima, diventa 2:1 dopo le prime mestruazioni (7, 10). Quando il problema si presenta con una certa frequenza influenza il rendimento scolastico, la memoria, la personalità, ed i rapporti interpersonali del bambino. (2) Ciò nonostante gran parte dei bambini con emicrania non viene mai visitata dal medico (1). Tuttavia, se la cefalea si presenta con ricorrenza in maniera insolita e grave, occorre visitare attentamente il bambino perché potrebbe nascondere un problema molto grave (tumore cerebrale).
Le varie strutture intracraniche come le grandi arterie, i seni venosi, le meningi sono algosenbili, per cui le variazioni del flusso sanguigno encefalico causate da processi organici o da variazioni metaboliche possono causare cefalea (4).
L’età di insorgenza è varia, generalmente in età scolare, la familiarità può essere notevole fino al 60-70% dei casi (1,7).
Sono stati descritti casi di cefalea ad 1 anno (2) o anche verso due tre anni (10). Presentano sintomi anomali come atassia che migliora dopo il sonno, vomito, fotofobia (preferiscono le camere buie), sono irritabili in modo anomalo, si sfregano gli occhi ed il capo.
I bambini si lamentano di cefalea con una frequenza più bassa degli adulti ed i sintomi sono descritti con meno accuratezza, nel repertorio del KENT ci sono 89 pagine a doppia colonna sui sintomi della cefalea, in funzione della lateralità, delle diverse localizzazioni, delle innumerevoli modalità di aggravamento e di miglioramento e dei non meno numerosi tipi di dolore che possono essere descritti (3). Nei bambini non si può applicare la stessa accuratezza diagnostica di analisi sintomatologica, pertanto è difficile applicare il repertorio ed è meglio attenersi alle nozioni di Materia Medica. Individuare quindi i sintomi descritti nei vari rimedi e ritenere i dati più importanti per PRESCRIVERE il RIMEDIO più SIMILE.
L’International Headache Society (I.H.S.) ha classificato la cefalea come
• CEFALEE ESSENZIALI: Emicrania senza aura, Emicrania con aura e Cefalea di tipo tensivo, Emicrania (emiplegica, retinica, dell’arteria basilare, confusionale)
• CEFALEE SECONDARIE: Cefalea post-traumatica, secondaria a disturbi craniofacciali, da epilessia, associata a patologia endocranica, vasodilatatoria.
• CEFALEE VARIE: Cefalea da attività fisica, da farmaci, da tosse, da freddo,da infezioni.
Le principali cefalee nel bambino hanno dei sintomi che possono essere racchiusi in questa semplice tabella (4).
PRINCIPALI CEFALEE NEL BAMBINO
Cefalea tensiva emicrania senza aura emicrania con aura
Incidenza nell’infanzia + + + + + – + – –
Frequenza accessi + + + + + – + –
Intensità del dolore + – – + + – + + +
Localizzazione del dolore diffuso diffuso o lateralizzato lateralizzato
Durata del dolore subcontinuo ore molte ore
Carattere del dolore gravativo pulsante pulsante
Sintomi digestivi – – – + + – + + –
Sintomi neurologici – – – + – – + + +
Persistenza in età adulta + + – + – – + + +
Nel bambino spesso le cefalee tensive e quelle emicraniche si confondono e spesso anche i confini tra emicrania con aura e senza aura non sono sempre netti. Il Pediatra spesso non riesce ad identificare con precisione il tipo di cefalea. I genitori spesso si rivolgono a lui per escludere la patologia tumorale o di tipo epilettico. Nel raccogliere l’anamnesi il medico deve stare attento ai sintomi indotti (è il bambino che deve dire se il mal di testa è realmente cattivo, se lo allontana dal gioco, se interferisce con la scuola). E’ meglio parlare separatamente prima con i genitori poi con il bambino. Non si deve avere fretta nel prescrivere i farmaci, perché spesso questo scompare anche solo dopo aver rassicurato il paziente ed i familiari (4).
I rimedi omeopatici elencati successivamente non devono essere considerati esaustivi, perché i bambini hanno difficoltà a descrivere bene i loro sintomi e perché la Materia Medica è troppo vasta per essere completi in articolo. Sono, comunque i rimedi più prescritti e di semplice ed immediato utilizzo.
EMICRANIA
Con il termine emicrania si intende una sindrome episodica con cefalea di intensità variabile.
L’EMICRANIA SENZA AURA rappresenta l’80% di tutte le cefalee emicraniche dell’infanzia ed in un certo senso è tipica dell’età infantile (1,4).
Si presenta sia come monolaterale e pulsante (35%) (BELLADONNA a destra- BROMIUM a sinistra) che come continua e diffusa (50%) (KALIUM IODATUM, NATRUM MURIATICUM, ARGENTUM NITRICUM, IRIS VERSICOLOR) , spesso è localizzato alle aree temporali (GELSEMIUM, PHOSPHORICUM ACIDUM) o frontali (CYCLAMEN, IRIS VERSICOLOR). Inoltre i bambini presentano pallore, irritabilità, malessere, viso rosso e tempie battenti (FERRUM METALLICUM) affaticamento, fonofobia e fotofobia (GELSEMIUM, KALI BICHROMICUM, IRIS VERSICOLOR). Nausea, vomito e dolori addominali sono presenti nel 90% dei casi. (I.H.S.). La frequenza è settimanale (NATRUM MURIATICUM) o mensile, e nei 2/3 dei soggetti gli attacchi scompaiono nell’età adolescenziale.
Nell’eziologia troviamo emozioni, stress, ansia da competizione, depressione, esto-progestinici orali, (mestruazioni, ovulazione) (ACTEA RACEMOSA), variazioni meteorologiche, caldo, freddo, luce, rumori, odori pungenti,(NUX VOMICA, SANGUINARIA CANADENSIS), insonnia, eccesso di sonno, assunzione di caffeina, alcool, cioccolato, formaggio, glutammato monosodico, agrumi, carne di maiale, insaccati, frutta secca, cibi affumicati, cipolle, (vino e superalcoolici) (BRYONIA, NUX VOMICA). Inoltre svolgono un ruolo importante le variazioni meteorologiche (CHINA), l’altitudine, l’esposizione al sole (GLONOINE), ai rumori agli odori pungenti (SANGUINARIA CANADENSIS, NUX VOMICA), il fumo delle sigarette (IGNATIA) (4,7,9).
Il sonno porta sollievo all’85% dei casi.
Gli episodi durano da 4 a 72 ore, se ne verificano almeno 5 e l’esame clinico e quello neurologico escludono malattie di fondo (1).
L’emicrania senza aura presenta una caratteristica familiarità che è stata riscontrata con maggior frequenza nei soggetti in cui quest’affezione è iniziata più precocemente (9).
L’EMICRANIA CON AURA rappresenta circa il 15- 20 % delle cefalee vascolari. E’ la forma più tipica della tarda infanzia e dell’adolescenza e più spesso si trasforma in emicrania dell’adulto (9). L’aura consiste in sintomi visivi, (scotomi scintillanti, visione appannata, emianopsia), parestesia, oftalmoplegia, paralisi emifaciale o emiplegia transitoria (GELSEMIUM, SPIGELIA). I sintomi di aura si sviluppano nell’arco di 4 minuti e non durano per più di 60 minuti. La cefalea segue l’aura dal lato opposto dopo un intervallo libero inferiore a 60 minuti. Di solito la crisi dura da 4 a 72 ore (1,9). Si devono verificare almeno due casi che rientrano in questi casi e l’esame clinico deve essere completamente negativo(I.H.S.).
Gli altri sintomi e l’eziologia sono sovrapponibili a quelli dell’emicrania senza aura. Sono essenzialmente sintomi neurovegetativi come pallore, sudorazione, vertigini, fotofobia, acufeni (VENUS MERCENARIA) ipotonia, sonnolenza, lipotimia (SANGUINARIA CANADENSIS).
L’emicrania è definita complicata se i sintomi di aura persistono anche durante la crisi di cefalea ed è associata ad emiparesi, atassia, deficit sensoriale, vertigini, ecc. (1).
CEFALEA DI TIPO TENSIVO
La cefalea di tipo tensivo viene distinta in acuta e cronica. La prima è dovuta ad affaticamento visivo con aumentata tensione dei muscoli estensori della nuca e dei muscoli oculari. La cefalea tensiva cronica è ritenuta essenzialmente di natura psicogena (4). Il dolore nelle cefalee di tipo tensivo acuto si presenta il pomeriggio o la sera con una sensazione di anello o fascia che avvolge la testa e la comprime, la localizzazione è quindi frontale, nucale, temporale o al collo (ARGENTUM NITRICUM, BRYONIA, BELLADONNA. Sono più comuni nelle ragazze adolescenti (ACTEA RACEMOSA) che nei bambini sotto i 10 anni. I soggetti che presentano cefalea di tipo tensivo non hanno familiarità (9). La nausea è rara, mentre sono presenti affaticamento e vertigini. La fonofobia e la fotofobia non sono mai associate e spesso sono assenti. Non si aggrava con l’attività fisica quotidiana. Sono presenti almeno 10 episodi in sei mesi ed ogni episodio dura da 30 minuti a sette giorni (1). Nelle forme croniche la cefalea è presente per più di 15 giorni al mese e per più di sei mesi l’anno. In entrambe i casi l’esame neurologico esclude patologie di fondo gravi.
L’eziologia forse è in un’ischemia prolungata dei muscoli interessati dovuta a contrazioni muscolari su base psicogena. Lo stress, l’ansia, la depressione (NATRUM MURIATICUM), le difficoltà relazionali possono essere le cause scatenanti, l’affaticamento mentale, il mantenimento prolungato dell’attenzione e della concentrazione (PHOSPHORICUM ACIDUM, RUTA GRAVEOLENSIS, TUBERCOLINUM, CALCAREA PHOSPHORICA, ANACARDIUM). Per quanto riguarda lo stress, ricordiamo che nell’emicrania quando si esaurisce il fattore stressante (SULFUR) ed inizia il rilassamento compare la crisi, nella cefalea tensiva la crisi si presenta durante la situazione che provoca il distress (9)
PROFILASSI DIETETICA
Per utilizzare questo caposaldo terapeutico occorre innanzitutto individuare quali sono i pazienti a rischio con un corretto esame diagnostico: dosaggio immnoglobuline, ricerca delle intolleranze alimentari (cyto-toxic test, DRIA test), corretta anamnesi alimentare con le prove di esclusione e le diete oligoantigeniche a rotazione.
Esiste poi la possibilità che alcuni piccoli pazienti presentino intolleranza ad alimenti ricchi di istamina o di sostanze istamino-simili come la tiramina (cioccolato, bianco d’uovo, formaggi, pomodoro, fragola, ecc.). Questi cibi devono essere individuati ed eliminati dalla dieta. Meno facile sarà dimostrare l’intolleranza agli additivi alimentari come l’aspartame ed il glutammato monosodico contenuti in molti prodotti del commercio e responsabili di un certo numero di attacchi di cefalea (4,11).
MATERIA MEDICA
Per facilitare l’utilizzazione delle informazione che sono state date in precedenza, descriveremo brevemente i rimedi citati. Anche se queste informazioni possono essere reperite su qualunque buona Materia Medica, ritengo utile evidenziare per ogni rimedio solo i sintomi che riguardano la cefalea (3,5,6,8). Le diluizioni consigliate sono tutte da 5 CH a 7 CH a 9 CH e vengono scelte in base alla Legge della Similitudine.
ACTEA RACEMOSA: cefalea intensa occipitale, si estende al vertice con pressione, pulsazione, < dai movimenti, dal rumore e dal ciclo mestruale.
ANACARDIUM ORIENTALE: cefalea dello studente con la sensazione di pressione sulla regione orbitaria, < dallo studio, > mangiando.
BELLADONNA: congestione del capo, dolori acuti pulsanti, lancinanti. Carotidi pulsanti. Testa pesante, calda, viso rosso, occhi iniettati, ruota la testa a destra e sinistra, la spinge all’indietro.
BRYONIA : cefalea congestizia , al mattino con sensazione di cervello che scoppia. Esasperata dal movimento degli occhi, del respiro, della tosse, sedendosi, evacuando, dal cibo. Deve restare immobile al buio.
CALCAREA PHOSPHORICA: cefalea dello studente a crescita rapida
CHINA: cefalea con sensazione del capo che scoppia. > da forte pressione, cuoio capelluto sensibile. Non sopporta le correnti d’aria, nevralgia < dall’aria.
FERRUM METALLICUM: cefalea con viso rosso, estremità fredde, vasi sanguigni pulsanti.
GELSEMIUM: cefalea preceduta da disturbi della vista, accompagnata da depressione, tremore. > con emissione d’urine. Viso congestionato, rosso, caldo.
GLONOINE: congestione del capo dopo colpo di sole, emozione violenta. Deve stare immobile, viso rosso, sguardo fisso.
IGNATIA: cefalea congestizia con sensazione di un chiodo piantato nel capo. Cefalea per odori e fumo di tabacco.
IRIS VERSICOLOR: cefalea o emicrania periodica con vomiti che compare al mattino dopo colazione, dopo movimenti rapidi del capo, dopo aver camminato all’aria aperta, preceduta da un bruciore agli occhi, scotomi. E’ più sovente unilaterale periodica con intervalli di qualche giorno.
NATRUM MURIATICUM: cefalea cronica o periodica ogni 2, 4 , 7 giorni con pulsazioni violente come piccoli colpi di martello, < al mattino al risveglio, continua dall’alba al tramonto. Sensazione come se la testa dovesse scoppiare, < tossendo starnutendo, dallo studio. Sensazione di sabbia negli occhi, al mattino con arrossamento e bruciore.
NUX VOMICA: cefalea in rapporto a disturbi gastrici o epatici, nausea e vomiti con gli eccessi alimentari, < dagli sforzi intellettuali, dalla collera all’aria aperta, dalla luce, dal rumore, dal movimento.
PHOSPHORICUM ACIDUM: cefalea e stanchezza dopo la scuola e gli sforzi intellettivi.
RUTA GRAVEOLENS: cefalea dopo gli sforzi dello studio, arrossamento degli occhi.
SANGUINARIA CANADENSIS: emicrania intensa, periodica, ogni sette giorni. Inizia al mattino, aumenta alle dodici e si attenua la sera. Il dolore inizia all’occipite e si estende in avanti ad interessare tutta la testa, per fissarsi alla tempia destra ed all’occhio destro. Pulsazioni violente al capo con vomito bilioso. Si aggrava per il movimento, per la luce, per gli odori ed i rumori. Migliora nel silenzio e nell’oscurità.
SPIGELIA: cefalea nevralgica, violenta, unilaterale e periodica. Dolore che inizia all’occipite, si irradia alla regione frontale e per fissarsi ad un occhio. Generalmente a sinistra. Aggravato dal movimento e dalla marcia, inizia al mattino, si calma durante il giorno, migliora al tramonto. Dolore vivo ai globi oculari. Non può girare gli occhi senza voltare il viso, lacrimazione.
SULFUR: cefalea congestizia periodica, spesso durante la domenica ed i giorni di riposo, accompagnata da obnubilazione, nausea, vomiti e vertigini. Sensazione di bruciore o di calore al capo ed alla pianta dei piedi. Si aggrava al mattino, all’aria fresca con uno sforzo intellettuale.
TUBERCOLINUM: cefalea dopo gli sforzi intellettuali.
VENUS MERCENARIA: cefalea frontale suborbitaria alternata destra e sinistra, dolori battenti e costrittivi, accompagnata da vertigini, sonnolenza, acufeni, disturbi digestivi (flatulenza e costipazione).
Tutte queste nozioni di Materia Medica non sono esaustive dei Rimedi citati e gli stessi rimedi sono solo alcuni di quelli che possono essere utilizzati. In ogni modo sono un inizio per affrontare il problema della cefalea nel bambino. Il quadro clinico del malato non deve mai essere visto come una malattia isolata, come un organo malato, ma deve essere inserito nel più ampio contesto del disagio globale che coinvolge tutto il paziente. Quindi l’analisi del rimedio non si deve limitare ai punti evidenziati in questo articolo ma deve coinvolgere tutti gli aspetti della personalità e del fisico del paziente.
BIBLIOGRAFIA
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11. STERNIERI E., STRATA A.: “Cefalee ed alimentazione.” Cluster Press, Milano, 1990
Cahiers de Biotherapie:
SCLEROSI MULTIPLA
Dr. Pietro Prandi
Non più di 20 anni fa il destino dei malati di sclerosi multipla era segnato, con pochi farmaci a disposizione per di più gravati da pesanti effetti collaterali, oggi abbiamo un gran numero di farmaci utilizzabili anche se non esiste ancora una cura definitiva e standardizzata nonostante il grande impegno della ricerca scientifica in questo campo. La sclerosi multipla è una delle malattie neurologiche più diffuse tra i giovani, la fascia di età dell’esordio è in genere fra i 20 e 40 anni, le donne sono coinvolte due volte più degli uomini, colpisce nel mondo circa 3 milioni di persone, 450 mila solo in Europa di cui circa 65 mila in Italia. La sclerosi multipla è una malattia infiammatoria autoimmune cronica demielinizzante, che colpisce il sistema nervoso centrale causando un ampio spettro di segni e sintomi. È stata descritta per la prima volta da Jean-Martin Charcot nel 1868. La sclerosi multipla colpisce le cellule nervose rendendo difficoltosa la comunicazione tra cervello e midollo spinale. Le cellule nervose trasmettono i segnali elettrici ad una velocità di circa 100 m/sec attraverso lunghe fibre chiamate assoni, i quali sono ricoperti da una sostanza isolante, la guaina mielinica. Nella malattia le difese immunitarie del paziente attaccano e danneggiano questa guaina per cui la velocità di trasmissione dell’impulso elettrico può scendere a 5 m/sec. Quando ciò accade, gli assoni non sono più in grado di trasmettere efficacemente i segnali.
Le strategie terapeutiche si basano essenzialmente su :
a) Immunosoppressione : dai classici glucocorticoidi, azatioprina, ciclofosfamide, mitoxantrone, methotrexate, fino al più recente fingolimod.
b) Immunomodulazione : interferone-ß , immunoglobuline, copolimero-1 (peptide sintetico composto dagli aminoacidi : L-acido glutammico, L-lisina, L-tirosina) e la recentissima teriflunomide.
Oggi l’orientamento è avviare al più presto una terapia immunomodulante con interferone-ß o copolimero-1 (in caso di intolleranza all’interferone) e nei casi di scarso o nullo effetto terapeutico passare ad una terapia immunosoppressiva.
Si sta ampliando l’utilizzo di nuovi farmaci fra cui i già citati fingolimod e teriflunomide e ci sono trattamenti in sperimentazione che sembrano aprire nuovi orizzonti. Fra questi uno tende a “tranquillizzare” il sistema immunitario riducendo di oltre il 50% la sensibilità alla mielina, la proteina che ricopre i neuroni e viene attaccata nei malati di sclerosi multipla. La terapia utilizza i globuli bianchi degli stessi pazienti manipolati in modo da rilasciare miliardi di antigeni della mielina nel sangue, così che il sistema immunitario impari gradualmente a riconoscere la mielina stessa come inoffensiva evitando di aggredirla.
Per quanto riguarda una possibile terapia omeopatica in un’ottica di integrazione con la terapia allopatica o, in casi selezionati e col consenso informato del paziente, anche da sola è fondamentale sempre l’individuazione del rimedio di fondo a cui associare rimedi sintomatici.
I rimedi più utilizzati sono :
Alumina : colpisce i cordoni posteriori e laterali, provoca torpore della pianta dei piedi, deambulazione lenta e incerta, dolori folgoranti, vertigini chiudendo gli occhi, ipotonia muscolare, paresi e paralisi.
Argentum nitricum : tremori, perdita dell’equilibrio, atassia, parestesie, crampi, dolori folgoranti lombari e arti inferiori, vertigini.
Causticum : paralisi lente e progressive con intorpidimento e perdita della sensibilità, atrofia muscolare, tremori e mioclonie specie alla sera e di notte.
Cocculus indicus : tremore alle gambe con andatura vacillante, perdita della sensibilità e motricità arti inferiori, parestesie alternate a mani e piedi, vertigini.
Conium maculatum : vertigini stando disteso, scosse muscolari e mioclonie, lentezza nei movimenti con tendenza a vacillare, diminuzione della forza muscolare, paralisi progressiva dal basso verso l’alto.
Gelsemium : mialgie con debolezza muscolare e scoordinamento motorio, ptosi palpebrale e diplopia, tremori.
Phosphorus : parestesie notturne a braccia e mani con bruciore, tremolio e spasmi.
Plumbum metallicum : paralisi che inizia a carico dei muscoli estensori con tremori e crampi.
Zincum metallicum : parestesie con dolori folgoranti, tremore, irrequitezza arti inferiori.
Un capitolo a parte nella terapia omeopatica o meglio omotossicologica è quello di utilizzare le Citochine low-dose secondo le stesse regole dell’organoterapia, cioè basse diluizioni per stimolare, medie per modulare e alte per inibire. Di conseguenza l’Interferone-ß lo si può modulare utilizzando la 7CH o addirittura stimolare con una 4CH; per le Interleuchine pro-infiammatorie se ne può inibire l’azione utilizzando IL-1 e IL-6 alla 15 o 30CH; nel caso del TNF-a, altra citochina infiammatoria, occorre ridurne l’azione con 15 o 30CH; l’ Interleuchina-10 (IL-10) che ha attività immunosoppressiva e di modulazione dell’infiammazione deve essere stimolata con una 4CH; infine il NGF (Nervous growth factor), fattore di crescita nervoso, proteina che indirizza e regola la crescita degli assoni, tramite meccanismi di segnalazione cellulare, è prodotta nei momenti rigenerativi, per cui occorre stimolarla con una 4CH.
Si possono utilizzare singolarmente in varie combinazioni estemporanee oppure
ricorrere a complessi già modulati.
Altro capitolo importante nella terapia integrata è l’utilizzo degli antiossidanti.
Vi sono due ragioni principali per cui gli antiossidanti potrebbero avere significato nella sclerosi multipla. In primo luogo i radicali liberi potrebbero essere coinvolti nella patogenesi della SM. La mielina, rivestimento isolante delle fibre nervose, potrebbe essere danneggiata nella SM dal rilascio di radicali liberi da parte delle cellule immunitarie nell’ambito del processo infiammatorio.
Secondo aspetto sta nel fatto che diete ricche di acidi grassi polinsaturi, che spesso vengono raccomandate ai pazienti con SM, potrebbero causare una deficienza di vitamina E, tale da richiedere l’intervento di supplementi a base della stessa vitamina. Gli antiossidanti comunemente impiegati comprendono il selenio; le vitamine A, C ed E; l’acido alfa-lipoico; l’inosina; il coenzima Q-10.
Fra le varie terapie “alternative” occorre ricordare il metodo Zamboni. Alcuni scienziati studiando il cervello di pazienti affetti da sclerosi multipla, si erano accorti della presenza di più alti livelli di ferro non riconducibili all’età degli stessi. Tali depositi di ferro formano nel cervello dei raggruppamenti intorno alle vene che, in condizioni normali, dovrebbero drenare il sangue dalla testa verso il cuore. L’eccesso di ferro era stato considerato un sottoprodotto tossico della SM stessa. Il professor Zamboni giunge di fatto ad una scoperta straordinaria : quasi il 100 per cento dei pazienti affetti da SM presenta un restringimento, torsione o blocco definitivo di quelle vene che dovrebbero servire a drenare il sangue dal cervello per cui individua una nuova sindrome vascolare (Chronic cerebrospinal venous insufficiency, CCSVI ) fortemente correlata alla SM e ne propone la correzione chirurgica.
E per finire, richiamando il titolo del nostro recente congresso “L’intestino ritrovato…”, non possiamo dimenticare l’importanza del “benessere intestinale” anche nei pazienti affetti da SM. Alterazioni del microbiota intestinale da varie cause provocano la produzione di metaboliti tossici che determinano danni alla mucosa intestinale con conseguente riduzione di produzione endogena delle vitamine del complesso B e di conseguenza anche della B12 ed inoltre determinano un cattivo assorbimento di nutrienti essenziali tipo gli acidi grassi polinsaturi (omega 3 e 6). La vit B12 ha un ruolo attraverso la sintesi della fosfatidil-colina e dei poliglutammati che sono componenti importanti della guaina mielinica. Gli acidi grassi polinsaturi, sempre molto scarsi nei pazienti affetti da SM, hanno un ruolo importante sia nella costituzione della mielina che nella sintesi di prostaglandine del tipo 1 che hanno un effetto di freno sull’infiammazione.
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Cahiers de Biotherapie:
Omeostasi e bilancio emuntoriale
di Rocco Carbone
L’omeostasi è una delle caratteristiche peculiari degli organismi viventi. Il termine omeostasi definisce la capacità di autoregolazione degli esseri viventi; importantissima per mantenere costante l’equilibrio dell’ambiente interno in relazione alle variazioni dell’ambiente esterno (concetto di equilibrio dinamico)
Il termine omeostasi deriva dalla fusione di due parole greche, òmoios, simile e stasis, posizione”. Padre di questo neologismo fu Walter Cannon, che riprese i concetti di Claude Bernard , secondo cui “tutti i meccanismi vitali, per quanto siano vari, non hanno altro che un fine costante: quello di mantenere l’unità delle condizioni di vita dell’ambiente interno”.
L’omeostasi corporea è un indice soggettivo di equilibrio dinamico e rappresenta tutte le variabili chimiche e fisiche, termiche, elettromagnetiche ed osmotiche che caratterizzano tutti i liquidi organici: intra ed extra-cellulari, del tessuto linfatico e del torrente sanguigno. Le condizioni chimico-fisiche di questi liquidi determinano il funzionamento delle reazioni del metabolismo corporeo.
Per esempio, la temperatura centrale del nostro organismo viene mante-nuta su valori costanti di circa 37°C nonostante le variazioni ambientali, il pH del sangue deve essere lievemente alcalino (7,4); oscillazioni troppo ampie, quando superano ± 0,4 punti, possono determinare patologie anche gravi (coma acidosico e tetania alcalosica).
Il mantenimento dell’omeostasi avviene attraverso un sistema di circuito a retrazione o feedback che, in risposta alla variazione iniziale, produco-no reazioni omeostatiche, ovvero eventi biologici, generalmente opposti (feedback negativo), atti a mantenere l’equilibrio interno. Per un buon funzionamento dei meccanismi di retroazione, sono necessarie tre com-ponenti:
a) un recettore in grado di captare le variazioni del mezzo interno;
b) un centro di integrazione e controllo che interpreta i segnali dei recettori e regola le risposte;
c) un meccanismo effettore cui è affidato il compito di produrre le risposte (azioni) necessarie al ripristino delle condizioni ottimali tipiche dell’omeostasi.
I principali processi vitali che regolano l’omeostasi corporea dell’orga-nismo sono legati al valore del pH. Il pH dei fluidi corporei deve essere stabile e leggermente basico. Se il pH è costantemente acido, significa che l’organismo non è più in grado di compensare e auto-compensarsi, con il conseguente accumulo di tossine acide e con perdita di sostanze basiche: sodio, magnesio e calcio, minerali fondamentali per il metabo-lismo corporeo e per il mantenimento dei rapporti fisiologici dell’omeo-stasi corporea.
L’alterazione acida del pH corporeo si manifesta con sintomi più o meno gravi e più o meno dolorosi, causati dallo sviluppo di tossine acide. Il mantenimento dei valori del pH fisiologico, leggermente alcalino, è la condizione basilare per un funzionamento fisiologico regolare del- l’organismo favorito da un’appropriata alimentazione con l’apporto di sostanze basiche (sali tampone) tipo i carbonati, bicarbonati, citrati e fosfati ecc. e con il riordino della flora batterica intestinale.
L’eccesso di equivalenti acidi nella dieta e nel metabolismo è regolato dai reni ed eliminato con urine più acide.
L’acidità degli alimenti
Vi sono bevande e alimenti che non sono affatto acidi mentre altre, ad esempio gli agrumi, lo sono in modo notevoli, si pensi che il succo di limone presenta un pH uguale a 2,0-2,6. Altri alimenti, pur non essendo acidi, creano con la loro digestione una notevole produzione di acido urico in quanto contengono molte purine, sostanza base per la formazione degli acidi nucleici.
L’acidità o alcalinità di un alimento si può determinare esaminando le ceneri residue dopo la sua digestione. Se i minerali alcalini (calcio, potassio, sodio e magnesio), predominano sui minerali acidi (cloro, azoto, zolfo e fosforo), quell’alimento sarà classificato come alcalino e viceversa.
L’organismo di una persona sana e non affaticata è normalmente in grado di trasformare gli acidi naturali di molti alimenti crudi (ad es. limoni, pompelmi, pomodori, acetosa, frutti aciduli) in carbonati alcalini, che sono basici ed utili all’economia dell’organismo. Quando, invece, la persona è stanca o stressata, l’energia nervosa necessaria per una completa digestione e assimilazione non è sufficiente, pertanto l’organismo non è in grado di operare le dovute trasformazioni e gli acidi degli alimenti entrano nella circolazione sanguigna.
Bevande: quasi tutte le bevande gassate, acqua esclusa, tendono ad essere molto acide. I vari tipi di Cola, ad es., hanno un pH che si aggira intorno a 2,4, mentre limonate e aranciate vanno da 2,9 a 3,2.
Cereali: tutti i cereali, ad eccezione del miglio, lasciano delle ceneri aci- de. Frumento (pane, pasta, ecc.) ed avena sono i più acidi di tutti.
Latticini: i latticini di mucca sono generatori di molta acidità ed andrebbero sostituiti con quelli di capra o di pecora.
Carni: la digestione dei prodotti carnei crea una notevole quantità di acido urico. Il fegato di un animale carnivoro (ma non l’uomo) è in grado di trasformare l’acido urico causato dall’alimentazione in una sostanza più semplice, l’allantoina che viene espulsa con l’urina.
Prodotti conservati: tra i prodotti conservati sono molto acidi tutti i succhi di frutta ed i vari tipi di “latte” derivato dai cereali: latte di soia, avena, riso, ecc.
Dunque, la funzionalità degli emuntori è regolata dal meccanismo a retroazione dell’omeostasi corporea e si basa principalmente sulla conoscenza della funzionalità degli umori, ossia dei liquidi organici quali il sangue, la linfa, il liquido intra ed extracellulare. Il volume totale degli umori (liquidi organici) rappresenta all’incirca il 60-70% del nostro corpo: le cellule animali sono immerse in questi liquidi da cui traggono nutrimento e in cui riversano scarti e tossine. Anche in questo caso vale il discorso del flusso energetico; ossia, se i liquidi circolano liberamente, abbiamo uno stato di salute, se invece sono rallentati, perché si è troppo sedentari, si utilizzano abiti troppo stretti, si vive insomma in uno stato di stress psicofisico, si avranno gli ingorghi ganglionari e conseguentemente le malattie. Al contrario dell’allopatia, che tenderà a sopprimerli, la naturopatia tenderà a stimolare il drenaggio tossinico tenendo presente che la crisi di eliminazione è salutare. Nell’umorismo (teoria degli umori, regolazione dei liquidi) entra un concetto fondamentale per la naturopatia, il drenaggio, vale a dire il tentativo di utilizzare il flusso liquido per escludere dall’organismo scarti metabolici e tossine. A questo scopo sono adibiti gli organi emuntori, quali la pelle, il fegato, i reni, l’ intestino, i polmoni.
I sovraccarichi
Si definiscono sovraccarichi gli scarti metabolici che vengono riversati nel sangue e nella linfa e sono di due tipi, definiti:
1. mucosi, sostanze di natura colloidale o colle;
2. acidosi, sostanze cristalloidi.
1. Sovraccarico mucoso o di sostanze colloidali
In particolare le sostanze colloidali, mucose, sono residui del metabolismo proteico e lipidico (v. fig. 1), sono costituiti da sostanze aromatiche derivanti dal metabolismo delle proteine. Sono sostanze insolubili nei liquidi organici e nel sangue e provocano una iperviscosità sanguigna.
Vengono drenate da emuntori specifici come il fegato e l’intestino.
Il sovraccarico di mucosi o colloidale non si manifesta con disturbi dolorosi e infiammatori, ma con disturbi caratterizzati da una sintomatologia escretiva: catarro bronchiale, bronchite, leucorrea, eczema. Si evidenziano nell’iride con un sovraccarico roso-marrone sull’area stomaco-intestino del secondo e terzo anello.
2. Sovraccarico acidosico o di sostanze cristalloidi
Sono residui del metabolismo dei carboidrati e delle proteine. Sono costituiti da acido ossalico, acido piruvico e acido urico (v. fig 1). In caso di disequilibrio omeostatico, l’organismo tende a ripristinare i valori che determinano l’omeostasi e il suo gradiente di acidità corporea, producendo sostanze tamponanti (p. es. fosfato di calcio e fosfato acido di calcio), prelevando dal tessuto osseo e cartilagineo i componenti di calcio e fosfato, determinando, quindi, un depauperamento del tessuto osseo.
Nel sovraccarico acidosico da acido urico, prevale un’alimentazione ricca di carni e proteine animali, con conseguente aumento dell’acido urico ematico con tropismo articolare e conseguenti disturbi dolorosi infiammatori con gotta, artrosi articolare. Si evidenziano nell’iride con un sovraccarico o tofi bianchi sull’area stomaco-intestino del secondo e terzo anello.
Il sovraccarico colloidale da acido piruvico si ha quando prevale un’alimentazione ricca di grassi che produrrà un eccesso di acido piruvico nel sangue, conseguente anche ad una carenza di enzimi, vit. B1 e Mg. In questo tipo di sovraccarico, si avrà un tropismo specifico per i componenti del sistema nervoso, nervi e guaina mielinica, con spasmofilia, tremori, irritabilità e nervosismo. Si evidenziano nell’iride con un sovraccarico giallo-rossastro sull’area stomaco-intestino del secondo e terzo anello.
Il sovraccarico colloidale da acido ossalico si ha quando prevale un’alimentazione ricca di carboidrati, in particolare di zucchero raffinato, la cui fermentazione produce acido ossalico. In particolare questo sovraccarico produrrà, disbiosi intestinale con malassorbimento e disturbi gastro-intestinali, digestivi e diarrea. Si evidenziano nell’iride con un sovraccarico giallo-arancio sull’area stomaco-intestino del secondo e terzo anello.
Il sistema emuntoriale epato-gastro-intestinale
Gli emuntori, oltre alle funzioni metaboliche e di eliminazione, sono deputati al mantenimento dell’omeostasi corporea, mediante la regolazione dell’equilibrio acido-basico dei liquidi organici, intra ed extra cellulari.
Gli emuntori, si dividono in principali e secondari (v. fig. 2), essi intervengono nella regolazione dell’omeostasi corporea dei liquidi organici all’eliminazione di scarti mucosi o colloidali.
Emuntori principali sono: fegato, cistifellea, intestino, rene e vescica. Svolgono funzioni fondamentali del metabolismo legate alle funzioni di digestione, separazione e assimilazione degli alimenti.
Emuntori secondari sono: le vie respiratorie, le mucose dell’apparato ORL, il polmone, la pelle, le ghiandole sudoripare e sebacee e, nella donna, la mucosa uterina. Hanno funzioni di regolazione e integrazione del sistema emuntoriale principale e contribuiscono alle funzioni di eliminazione di superficie (bronchi e pelle) e di metaboliti volatili.
La pelle fra tutti gli emuntori è polivalente, in quanto è indicata per la eliminazione di acidi con la sudorazione e di muco o sebo attraverso le ghiandole sebacee.
I polmoni eliminano muco, catarri e polveri, mentre i reni, che rappresentano i filtri del corpo umano, eliminano l’eccesso di acidi e cristalli.
L’apparato digestivo elimina le tossine mucose, attraverso le secrezioni liquide come la saliva, la bile e i succhi digestivi.
Il fegato è l’ emuntorio principale: filtra il sangue alla velocità di un litro al minuto, che afferisce attraverso il ciclo entero-epatico. Le tossine prodotte a livello intestinale giungono al fegato per essere rielaborate ed escrete come cataboliti.
Per finire, la mucosa uterina, nella donna, costituisce un emuntorio secondario ed interviene a compensare eventuali insufficienze dell’emun-torio intestinale.
Durante la malattia, spesso, gli emuntori sono chiamati a sopperire eventuali disfunzioni e, quindi, sollecitati ad un iperfunzionamento, come: se l’emuntorio interessato è l’intestino provocherà una diarrea, se è la pelle si avrà una ipersudorazione. Successivamente si manifesterà, una fase di ipofunzionamento stabilizzante, nel senso che i residui catabolici, creando un ingorgo nell’ emuntorio, cercano una via alternativa per fuoriuscire dall’organismo.
Quando tutti gli emuntori principali sono saturi si passerà ai secondari che, a loro volta, si sovraccaricheranno; tale sovraccarico verrà compensato da disturbi delle mucose a carattere espulsivo: leucorrea, rino-sinusiti, tonsilliti, vaginiti o una eccessiva lacrimazione.
Successivamente, quando anche gli emuntori secondari sono eccessivamente impegnati, si riattivano gli emuntori primari favorendo conseguenti patologie del tipo: colite, enterite, cistite, eczema essudativo, bronchite.
Se la patologia avrà un decorso prolungato, il corpo chiederà agli stessi emuntori ipofunzionanti un lavoro che non potranno sopportare e, di conseguenza potrebbero lesionarsi, cronicizzando la sintomatologia: le bronchiti diventeranno croniche, le coliti diventeranno ulcerose, generalmente accompagnate da perdita di sangue.
Infine, quando gli emuntori non hanno sufficiente capacità di eliminazione, le tossine e metaboliti non eliminati si depositeranno nel tessuto linfatico e connettivo creando formazioni di ascessi, cisti, e fistole, in tal caso sarà utile intervenire col drenaggio e l’impiego di gemmo-derivati.
Balance emuntoriale
La funzionalità degli emuntori, in funzione della produzione di scarti (PS) e dell’eliminazione di scarti (ES).
Nella I fase si ha una produzione normale di scarti (PNS) e una eliminazione normale di scarti (ENS), quindi sostanzialmente avremo una normale funzionalità degli organi emuntori e uno stato di equilibrio. Il soggetto si troverà in uno stato miasmatico di psora stenica.
Nella II fase è rappresentata una produzione in eccesso di scarti (P>S) e una eliminazione normale di scarti (ENS), quindi questa condizione rappresenta un soggetto che abusa in alimenti, introduce una quantità superiore al proprio fabbisogno o mangia in eccesso determinati alimenti. Questo soggetto svilupperà disturbi a carico della pelle e di natura gastro-intestinali. Il soggetto si troverà in uno stato miasmatico di psora astenica.
Nella III fase è rappresentata una produzione normale di scarti (PNS) e una eliminazione insufficiente di scarti (E<S). In questo soggetto si ha una insufficienza dell’attività emuntoriale, quindi svilupperà disturbi da ipofunzione d’organo o viscere: insufficienza digestiva, insufficienza epatica, calcolosi biliare, insufficienza renale, calcolosi renale, insufficienza respiratoria. Il soggetto si troverà in uno stato di miasma sicotico.
Nella IV fase è rappresentata una produzione in eccesso di scarti (P>S) e una eliminazione insufficiente di scarti (E<S). Questo soggetto presenterà un sovraccarico tossinico e una insufficienza della funzionalità degli organi; in particolare siamo di fronte a disturbi causati da lesione degli organi: ulcerazioni, dismetabolismi epatici e pancreatici, insufficienza renale cronica, insufficienza respiratoria cronica e dermatosi. Il soggetto si troverà in uno stato di miasma luesinico.
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