Meccanismo di azione dei medicinali omeopatici

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Meccanismo di azione dei medicinali omeopatici spiegato secondo le leggi della fisica e i principi dell’Organon hahnemanniano

I due cardini principali dell’omeopatia sono costituiti dal concetto di diluizione infinitesimale e di dinamizzazione. Concetti che rappresentano i canoni fondamentali della medicina omeopatica e dello stesso funzionamento dei medicinali omeopatici, ed allo stesso tempo costituiscono elementi di diatribe e dissenso tra la  classe medica tradizionalmente legata all’effetto farmacologico e alla ripetibilità del fenomeno in senso strettamente scientifico.

Su quali principi fisici si basa il funzionamento dell’omeopatia

Se esaminiamo l’equazione della relatività di Albert Einstein[1]  osserviamo che la formula è costituita da due parametri (energia-massa) e da una costante universale rappresentata dalla velocità della luce al quadrato.

E = m·c2

I due parametri (energia-massa),  in riferimento alla costante universale (c2),  sono legati da una relazione di tipo inversamente proporzionale[2], (v. figura), quindi, avremo:

c2 = E/m.

In riferimento a tale costante, all’aumento della massa corrisponde una diminuizione di energia e viceversa, al diminuire della massa corrisponde un aumento di energia.

Questa dinamica della relazione massa/energia che si relazionano in modo inversamente proporzionale tra loro, diversamente da quanto si può evincere dalla relazione matematica dell’equazione della relatività e dalle leggi della fisica gravitazionale, è confermata dalla seconda legge della termodinamica.

Secondo questa legge,  la trasformazione di energia avviene  seguendo un percorso in cui si sviluppa un aumento di Entropia.

L’entropia esprime concettualmente il grado di disordine molecolare che si manifesta e aumenta quando la materia passa da uno stato fisico solido ad uno stato liquido e ad uno stato gassoso, ed è rappresentata da una funzione matematica espressa in kcal/C°.

Figura 1

Immaginiamo di avere due recipienti A e B delimitati da una parete: in A introduciamo un gas e in B creiamo del vuoto. (Figura 1)

Se pratichiamo un foro nella parete delimitante i due recipienti A e B, avremo che le molecole di gas si sposteranno nel recipiente B fino al raggiungimento di un nuovo stato di equilibrio. Questo processo non può ritornare indietro allo stato iniziale, pertanto,  si è realizzato un processo irreversibile.

Durante il passaggio delle molecole di gas da A a B, aumentando lo spazio dei due recipienti, ed essendo la quantità di gas rimasta invariata, si avrà un aumento di spazio tra le molecole di gas, che si potranno muovere più liberamente, aumentando il loro grado di disordine e, quindi, l’entropia del sistema.

In considerazione a quanto esposto, possiamo affermare: in un processo irreversibile, quando si passa da uno stato di equilibrio iniziale, ad uno stato di equilibrio finale, il processo tende a svilupparsi verso la direzione in cui si sviluppa un aumento di entropia.

Questo processo, rappresentato dalla figura grafica delle diluizioni e succussioni successive, rappresenta il fondamento scientifico basilare del meccanismo di azione dei rimedi omeoapatici  espresso dal comportamento e relazione esistente tra massa/energia in chimica-termodinamica, e concettualmente definito dalla legge del dualismo.

Un’altra considerazione scaturisce dalla legge di Planck[3] che si sviluppa studiando l’emissione e l’assorbimento della luce da parte dei corpi materiali, e in particolare del cosiddetto corpo nero (una superficie ideale capace di assorbire ogni tipo di radiazione incidente). Interpretando tali fenomeni, secondo i principi dell’elettromagnetismo classico, si avrebbe come conseguenza teorica un aumento indefinito dell’intensità della radiazione all’aumentare della frequenza, cosa che nella realtà non si verifica.

Osservando questo fenomeno, Planck nel 1889 rese nota la sua ipotesi che gli scambi di energia nei fenomeni di emissione e di assorbimento delle radiazioni elettromagnetiche avvengono in forma discontinua (proporzionale alla loro frequenza di oscillazione, secondo una costante universale), non già in forma continua, come sosteneva la teoria elettromagnetica classica.

Nel 1901 Planck spiegò il fenomeno con l’ipotesi alla teoria quantistica, secondo la quale gli atomi assorbono ed emettono radiazioni in modo discontinuo, per quanti di energia, cioè quantità di energia finita e discreta (“pacchetti”, che chiamò quanti). In tal modo anche l’energia può essere concettualmente rappresentata, come la materia, sotto forma granulare: i quanti sono granuli di energia indivisibili e il contenuto di energia di ogni pacchetto nella teoria di Planck è direttamente proporzionale alla frequenza corrispondente.

Se definiamo E (energia del quanto di luce), v (frequenza luminosa) e h (costante universale di Planck), avremo:

E = hv

La teoria di Planck non ottenne il pieno successo che meritava perché era stata formulata su basi empiriche e matematiche, quindi, era da considerare un’ipotesi, non una legge, utile per spiegare fenomeni di difficile interpretazione.

Il valore della legge quantistica fu reso evidente solo nel 1905 grazie ad Albert Einstein che, nell’ambito della spiegazione dell’effetto fotoelettrico, riprese il concetto di quanto e ne diede un’interpretazione teorica e una definizione in termini fisici. Successivamente la teoria di Niels Bohr, sulla struttura atomica, confermò l’ipotesi dei quanti, considerata una tappa fondamentale nella storia e lo sviluppo della fisica moderna.

Possiamo affermare, secondo il principio del dualismo, la legge della relatività e la legge di Planck che non ci può essere massa senza  la coesistenza, seppure in minima forma di energia e viceversa.

È in questa considerazione che si trova la ragione scientifica dell’omeopatia e delle discipline vibrazionali ed energetiche.

Comparazione tra i principi dell’Organon e le leggi della fisica

Pertanto, nei medicinali omeopatici, attraverso la diluizione infinitesimale e la dinamizzazione, potentizzazione del ceppo omeopatico, viene esaltata la caratteristica energetica sprigionata sotto forma di energia vibrazionale caratteristica del rimedio. A questo punto la tipologia dell’onda vibrazionale del rimedio somministrata ad un individuo entra in vibrazione sincronica[4] determinando una risposta altrettanto sincronica espressa dall’energia vitale o forza vitale definita da Hahnemann nell’Organon[5].

Di seguito sono citati alcuni paragrafi dell’Organon in cui Hahnemann descrive la forza vitale.

 “Nello stato di salute dell’uomo la forza vitale, vivificatrice e misteriosa, domina in modo assoluto e dinamico (=autocrazia) il corpo materiale (=organismo) e tiene tutte le sue parti in meravigliosa vita armonica di sensi ed attività, in modo che il nostro intelletto si possa servire liberamente di questo strumento sano e vitale per gli scopi superiori della nostra esistenza” Organon VI, § 9

In questo paragrafo Hahnemann prende le distanze dal materialismo vigente nella medicina del suo tempo e, con sommo rammarico, dobbiamo riconoscere che permane tuttora in quella moderna. Ed è questa la chiave di volta sulla quale poggia l’Omeopatia, diametralmente opposta agli schemi imposti dalla scienza, per la quale l’intangibile, l’indimostrabile, l’immateriale non rispettano le leggi della fisica gravitazionale e quindi non sono validi.

L’organismo materiale, considerato senza forza vitale, è incapace di alcuna sensazione, di alcuna attività e di auto-conservazione. Unicamente l’essenza immateriale – principio vitale, forza vitale – conferisce all’organismo materiale, nello stato di salute e di malattia tutte le sensazioni e determina le sue funzioni vitali.” Organon VI, § 10

In questo paragrafo Hahnemann evidenzia che la carenza della forza vitale può rendere più vulnerabile un individuo conducendolo verso la malattia; individua nella carenza della forza vitale una incapacità di difesa e di auto-conservazione.

Quando l’uomo si ammala, dapprincipio è perturbata soltanto questa forza vitale,  (principio vitale) – indipendente e presente ovunque nell’organismo ed immateriale – dall’azione, nemica alla vita e dinamica, di qualche agente patogeno. Unicamente il principio vitale perturbato ad uno stato anormale può determinare nell’organismo sensazioni spiacevoli e conseguenti funzioni irregolari ossia produrre quel che noi chiamiamo malattia. Di fatti questa potenza, per sé invisibile e riconoscibile solo nelle sue manifestazioni, nell’organismo mette in evidenza la sua perturbazione morbosa sotto forma di malattia nei sentimenti ed attività – l’unica parte dell’organismo aperta ai sensi dell’osservatore e del medico – rilevabile dai sintomi del male e da null’altro.” Organon VI, § 11

In questo paragrafo Hahnemann introduce il concetto di perturbazione del principio vitale, concetto successivamente approfondito da James Tyler Kent[6] che individua l’individuo in una  dimora delle espressioni degli affetti, dell’intelligenza, dei sentimenti e delle emozioni umane, e che la perturbazione di questi  sentimenti ed emozioni si traducono in un disturbo fisico sul corpo, quindi la malattia per J.T. Kent è l’espressione di una perturbazione mentale che nasce a livello dell’essere e della propria esistenza. Successivamente, in tempi più recenti questo stesso concetto è ripreso ed approfondito nei disturbi psicosomatici[7].

 “Unica la forza vitale morbosamente perturbata provoca le malattie, in modo che le manifestazioni di malattia percepibili dai nostri sensi, come pure tutte le alterazioni interne, esprimono la perturbazione totale morbosa del principio dinamico interno e rappresentano tutta la malattia. D’altra parte lo sparire di tutte le manifestazioni di malattia – ossia di tutto quanto era deviazione dimostrabile dei processi vitali sani – per opera della guarigione, come pure la ‘restitutio ad integrum’ del principio vitale presuppone necessariamente il ritorno della salute di tutto l’organismo. Organon VI, § 12

Da queste considerazioni sorgono le dissociazioni dal pensiero allopatico al pensiero omeoaptico, quindi, voler dimostrare l’efficacia di un rimedio omeopatico utilizzando le tecnologie  e le metodiche  impiegate per dimostrare un effetto farmacologico appare, alla luce di quanto detto fin ora, quanto mai assurdo ed oggettivamente inapplicabile. Pertanto, ritengo che un medico o farmacista che non conosce i principi dell’omeopatia debba astenersi dal proclamare qualsiasi forma di giudizio, poiché, non espresso dalla conoscenza e competenza.

Possiamo concludere affermando che un rimedio omeopatico svolge la sua azione, stimolante l’energia vitale di un individuo, in virtù della sua natura energetica sprigionata dalla diluizione infinitesimale e dalla dinamizzazione di una sostanza originaria costituente il ceppo omeopatico [8].                 R. Carbone                                                                                      

Il principio fisico e il principio chimico dell’omeopatia

Inoltre, a conclusione e completamento di quanto asserito possiamo definire che i medicinali omeopatici svolgono la loro peculiare attività secondo un principio di tipo chimico ed un principio di tipo fisico.

Principio chimico

Il principio chimico dell’attività di un rimedio omeopatico consiste nella “diluizione progressiva” della stessa sostanza in un solvente acquoso idro-alcolico (solva tazione ionica). La materia si dissolve cedendo energia al solvente in proporzione diretta all’aumento delle diluizioni e del loro tipo (DH, CH, K e LM). A diluizione infinita, rimane sempre un contributo ionico attivo.

Principio  fisico

Il principio fisico dell’attività di un rimedio omeopatico consiste nella “dinamizzazione o potentizzazione”, agitando la soluzione si apporta  energia cinetica alla sostanza impiegata, contribuendo al passaggio dall’energia potenziale di massa  all’energia “quantica di tipo vibrazionale”. 

Che cosa sono le Diluizioni e Dinamizzazioni in omeopatia

Le sostanze somministrate a dosi ponderali, non letali,  in un organismo vivente sano possono produrre una serie di sintomi prodromici, definiti patogenesi del rimedio, le stese sostanze diluite in modo infinitesimale e dinamizzate possono, applicando il principio del simillimum, guarire tali sintomi.

La patogenesi di un rimedio omeopatico rappresenta la manifestazione clinica dell’insieme dei sintomi che si manifestano in seguito alla somministrazione in dosi ponderali, tossiche, non letali di una sostanza farmacologicamente attiva; la patogenesi di un rimedio è classificata, secono le seguenti cinque definizioni:

  1. sintomi fisici o sindrome;
  2. sintomi mentali o psichismo (così definito in omeopatia);
  3. le modalità di aggravamento o miglioramento con cui si manifestano i sintomi riferiti all’orario di manifestazione, alle condizioni climatiche (caldo, freddo, umidità, vento, secchezza, aridità), alle stagioni, alla lateralità corporea ed alla cronologia degli eventi; 
  4. causalità di insorgenza della sindrome;
  5. le diluizione di somministrazioni.
 

Una sostanza per diventare un medicinale omeopatico deve aver subito un processo di diluizione infinitesimale e di dinamizzazione ad ogni passaggio di diluizione.

Schema diluizioni e dinamizzazioni

La  dinamizzazione consiste nel sottoporre a scuotimento (succussione) la soluzione per 100  volte, imprimendo un’energia in movimento verticale alternato, secondo la tecnica hahnemanniana, in cui i due punti morti, superiore ed inferiore della corsa  del movimento, rappresentano i momenti in cui l’energia di massa cinetica si riadatta alle nuove condizioni di diluizioni e dinamizzazione conferendo alla soluzione un contenuto energetico peculiare della sostanza di  riferimento al ceppo di origine.

Si otterrà così, l’azione omeopatica del rimedio (forza del rimedio, Vis medicatrix), che verrà espressa in modo inversamente proporzionale alla quantità del rimedio.

La diluizione si ottiene inserendo 1 parte di ceppo omeopatico, sotto forma di tintura madre in 99 parti di solvente (il solvente è costituito da una soluzione idro-alcolica a 60-70° in volume di alcol) e sottoponendo la soluzione ottenuta a dinamizzazione, ottenendo così la 1CH (la prima diluizione centesimale hahnemanniana).

Dalla soluzione 1CH si prende una parte di essa  e la si versa in 99 parti solvente sottoponendo la soluzione ottenuta a dinamizzazione, ottenendo così la 2CH (la seconda diluizione centesimale hahnemanniana).

Dalla soluzione 2CH si prende una parte di essa e la si versa in 99 parti solvente sottoponendo la soluzione ottenuta a dinamizzazione, ottenendo così la 3CH (la terza diluizione centesimale hahnemanniana), si procede con lo stesso metodo fino alla diluizione voluta, come indicato nella figura.

La dinamizzazione rappresenta l’espressione di energia, il conferimento di energia  che una sostanza può sprigionare quando passa da una condizione di espressione di massa in cui la compatezza delle molecole definisce lo stato fisico della sostanza, ad una condizione di maggior libertà (diluizione) sviluppando energia potenziale indotta dalla dinamizzazione.

Procedendo col processo di diluizione e dinamizzazione dei medicinali omeopatici si avrà che tra la prima e la quarta diluizione nella soluzione sarà presente traccia del ceppo di partenza, quindi, parte della sostanza. Pertanto fino alla IV° diluizione (4CH) l’effetto del rimedio sarà espresso dal contenuto di massa, anche se in maniera relativa al valore della massa presente in soluzione. La risposta e l’azione di tipo omeopatico, energetico vibrazionale, si avrà dalla V° diluizione in poi  (5CH); quindi, tra questi due gradienti di diluizioni si avrà il fenomeno del viraggio dall’effetto farmacologico all’effetto omeopatico che avviene tra la IV° e la V° CH.

Quindi possiamo affermare che un rimedio alla 4 CH svolge azione di tipo ponderale, in funzione della legge ippocratica dei contrari ed è definita diluizione placebo omeopatica, in quanto la residua ed esigua quantità ponderale restante non produrrà alcuna o marginale  risposta farmacologia, poiché legata alla relazione dose/effetto.

Viceversa, un rimedio con diluizione uguale o maggiore alla 5 CH agisce per azione di similitudine omeopatica, in funzione della legge ippocratica dei simili, quindi possiamo definire medicinali omeopatici i rimedi con diluizione dalla 5 CH in poi.

L’azione e l’attività di un rimedio omeopatico, in relazione al rapporto massa-energia si può dividere in due gruppi, come rappresentato in figura:

Rimedio ad azione massa-energia

Quando la diluizione del rimedio è sotto il limite del numero di Avogadro, quindi, si avrà comunque la presenza molecolare della sostanza, nell’intervallo di diluizioni tra la 5CH e la 11 CH (v. Tabella   di confronto tra diluizioni omeopatiche e presenza molecolare).

Rimedio ad azione energia

Quando la diluizione del rimedio omeopatico supera la 12CH, si avrà un rimedio omeopatico ad azione energia   poiché, la diluizione tra la 11CH e 12CH, in termini stechiometrici corrisponde al numero di Avogadro (6,022×10-23) e quindi, non è più presenta l’identità molecolare o atomica di una sostanza. (v. Diagramma di reciprocità  massa/energia)[9].

Diagramma di reciprocità massa/energia

Considerando l’insieme coerente delle teorie,  le leggi della fisica esposte e i metodi che contraddistinguono la preparazione di un medicinale omeopatico, possiamo sintetizzare il meccanismo di azione dei medicinali omeopatici nel paradigma rappresentato dal diagramma di reciprocità massa/energia. In questo diagramma l’asse delle ascisse rappresenta l’energia, quindi, l’effetto della dinamizzazione. Mentre l’asse delle ordinate rappresenta la massa, quindi, l’effetto della diluizione. L’area superiore all’ascissa rappresenta l’area del corpo fisico, legato alle leggi di causa effetto, in cui un fenomeno si manifesta secondo le leggi della causalità, dello spazio e del tempo, seguendo le leggi della fisica gravitazionale e della termodinamica. L’area inferiore, delimitata dall’asse delle ascisse, rappresenta l’area del corpo energetico, in cui un fenomeno si manifesta non seguendo le leggi della causalità, dello spazio e del tempo, ma si verificano in un contesto a-causale, a-temporale e a-spaziale, del principio del qui  ed ora, in riferimento alle leggi della fisica quantistica e del principio della sincronicità.

Proprietà riservata di Rocco carbone – È vietata la riproduzione senza esplicita autorizzazione dell’autore – Legge 22 aprile 1941, n. 633

Pertanto, possiamo suddividere in tre aree verticale la superficie grafica dell’area di campo di massa rappresenta l’area della massa ponderale fino alla diluizione 4CH, nel piano superiore all’asse delle ascisse, in cui si applica il primo principio di Ippopcrate (Contrari contrarii curentur) espressione della legge dei contrari, dell’agonismo-antagonismo recettoriale legato alla legge della fisica gravitazionale.

Nella seconda area verticale la superficie grafica rappresenta l’area di campo vibrazionale, racchiuso tra la diluizione 4CH e la 12CH, in questo campo si applica il secondo principio di Ippopcrate (Similia similibus curentur) espressione della legge della similitudine in cui la risposta “farmacologia” è identificata dal simillimum della patogenesi del rimedio; la presenza della sostanza gradualmente scompare fino all’assenza completa di essa, gli avvenimenti di quest’aerea avvengono seguendo le leggi della fisica termodinamica.

La terza area verticale rappresenta l’area di campo energetico-quantico, che parte dalla diluizione la 12CH fino a diluizioni infinite. I fenomeni che avvengono in quest’area, al disotto dell’area delle ascisse, sottendono  alla teoria della sincronicità degli spin correlati relativa al “principio di esclusione”[10] di Wolfang Pauli[11]. Questo principio fondamentale della Fisica Quantistica stabilisce che due elettroni non possono occupare lo stesso orbitale a meno che non abbiano spin (senso di rotazione intorno a se stessi) con verso opposto. Successivamente (i fisici John Bell – nel 1964 e Alain Aspect – nel 1982) osservarono e definirono che due sistemi quantici di qualsiasi natura, che hanno interagito almeno una volta non possono essere più separati, in sostanza conservano una memoria anche se vengono separati agli estremi opposti dell’universo.  (v. Teorema di Bell).

Quindi, appare evidente che non è possibile valutare con i metodi di misura della fisica gravitazionale i fenomeni che si manifestano nell’area della fisica quantica e viceversa. Lo scopo di questo lavoro vuole andare oltre la definizione di ipotesi di meccanìsmo di azione dei rimedi omeopatici e vuole essere di stimolo ad ulteriori approfondimenti e ricerche che individui nel paradigma del grafico di reciprocità massa/energia un’ipotesi di riferimento scientifico.

Bibliografia

Carbone R. Meccanismo di azione dei medicinali omeopatici spiegato secondo le leggi della fisica e i principi dell’Organon hahnemanniano.  Cahiers de Biotherapie. Numero 1, anno XIX, p. 25-35. Roma, gennaio/marzo, 2011.

Carbone R.  Tecnica di preparazione dei galenici omeopatici. Pilgrim Edizioni, Aulla (MS), 2010.

Carbone G., Carbone R.  Medicinali Omeopatici.  Preparazione, somministrazione, meccanismo di azione e normativa. Dibuono edizioni, Villa D’Agri (PZ), 2015.  pagg. 77-78-79, – ISBN  978-88-99 9407-6-7

Carbone R. Conoscere i prodotti Omeopatici. Preparazione, somministrazione, meccanismo di azione.  Aldenia Edizioni, Firenze 2019. ISBN: 9788894842395


[1]Albert Einstein (Ulma, Württemberg, 1879, Princeton, Stati Uniti, nel 1955)  

[2] Figura tratta da Zamperini R. Energie sottili. Macro edizioni, pag. 46. Diegaro di Cesena, 2005.

[3] Max Planck (Kiel 1858 – Gottinga 1947), fisico tedesco considerato il padre della fisica quantistica, vinse il premio Nobel per la fisica nel 1918. Studiando la radiazione di corpo nero scoprì che il meccanismo di emissione della radiazione non è quello ipotizzato dalla fisica classica, sotto forma di onda continua, ma di “pacchetti” discreti detti quanti. 

[4] V. leggi della sincronicità di  C. G. Jung e W. Pauli, definita dal  principio di esclusione. 

[5] Hahnemann S.F.C. Organon dell’arte del guarire. Traduzione italiana dalla VI edizione tedesca (1810). Ed. Lithorapid. Napoli, 1987.

[6] Kent J.T.  Lezioni di omeopatia. Edizioni CE. M.O.M. Napoli, 1993.

[7] Carbone R. lettura del corpo psicosomatica in chiave olistica. Pilgrim Edizioni, Aulla (MS), 2009.

[8] Si definisce “ceppo omeopatico” il materiale di origine per la preparazione del medicinale omeopatico, identificabile nella tintura madre di una sostanza.

[9] Diagramma realizzato e ipotizzato dall’autore, prof. Rocco Carbone e presentato durante le lezioni di preparazione dei medicinali omeopatici presso la SMB-Italia, Scuola di Medicina Bioterapia di Roma.

[10] Teodorani M. Sincronicità. Il legame tra fisica e psiche da Pauli e Jung a Chopra. Macro edizioni, Diegaro di Cesena (FC), 2006.

[11] Wolfgang Ernst Pauli (Vienna, 1900 – Zurigo, 1958) fisico austriaco, fondatore della fisica quantistica. Premio Nobel nel 1945 per la fisica, secondo il quale due elettroni in un atomo non possono avere tutti i numeri quantici uguali.

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