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Le intolleranze alimentari sono riconducibili a molteplici disturbi causati da reazioni avverse al cibo. Le intolleranze sono più diffuse e ricorrenti delle allergie alimentari. Si parla di allergia quando i disturbi si manifestano indipendentemente dalla quantità di cibo assunto, dalla immediatezza della risposta e dal coinvolgimento del sistema immunitario. Invece, le intolleranze si manifestano a distanza di tempo successivo all’assunzione del cibo, in dipendenza dalla quantità e non coinvolgono il sistema immunitario.
Le prime osservazioni sui disturbi legati all’ingestione di cibo sono molto antiche: già Ippocrate aveva notato gli effetti negativi dovuti all’ingestione di latte di mucca. Tuttavia, i meccanismi di azione e i test diagnostici delle reazioni avverse al cibo costituiscono, ancora oggi, un argomento controverso e non risolto dalla medicina.
Lo stretto legame tra ciò che si mangia, lo stato di salute e l’insorgenza di alcune malattie è noto fin dall’antichità, vediamo come venivano considerate da Ippocrate e Paracelso.
Cosa diceva Ippocrate
Ippocrate (460-370 a.C.) ,padre della medicina, fu il primo a scorgere una correlazione tra l’assunzione di cibo e alcune manifestazioni patologiche come, ad esempio, l’orticaria e la cefalea, e l’importanza di una sana e corretta alimentazione, concetto fondamentale racchiuso nel celebre aforisma: “Lascia che il cibo sia la tua medicina, e la medicina sia il tuo cibo”.
Cosa pensava Paracelso
Paracelso (1493-1541 d.C.), medico, naturalista e filosofo svizzero, Theophrastus Bombastus von Hohenheim, detto Paracelsus o Paracelso), vissuto in un’epoca cruciale e di notevoli cambiamenti nella storia del mondo occidentale, studiò i segreti dell’uomo in rapporto al cosmo e fu il creatore della filosofia dell’uomo integrale, latente in ogni persona. Egli attribuiva a cinque cause principali l’insorgenza della malattia: Ens Astrale, Ens Venenale, Ens Naturale, Ens Spirituale, Ens Deale. Tra queste, l’Ens Venenale è causata dalle impurità e Paracelso sostiene che esistono delle impurità che entrano nel nostro corpo sotto forma di cibo solido e chenon seguono il naturale processo di estromissione dal sistema percorso dalle parti non utilizzabili dal processo individuale.Lo stesso può avvenire anche per i cibi liquidi, per ciò che viene inalato con l’aria che respiriamo e con ciò che è assorbito dalla pelle.
È stupefacente leggere questa definizione quando ancora non c’era una sufficiente conoscenza dei meccanismi del metabolismo e della biochimica. Grazie a questi suoi fondamentali studi, Paracelso può essere definito il precursore del concetto di intolleranze alimentari e reattività individuali agli alimenti e alle sostanze chimiche.
Evoluzione storica delle conoscenze delle allergie e intolleranze alimentari
Lo sviluppo delle conoscenze su questi fenomeni va di pari passo con quelle più generali dell’allergia e dell’immunologia, che si svilupparono alla fine dell’Ottocento, con lo studio delle malattie infettive e delle relative vaccinazioni.
Il termine allergia fu utilizzato per la prima volta nel 1906 dal pediatra viennese Von Pirquet, che la definisce come “un’alterata capacità acquisita e specifica dell’organismo a reagire a sostanze estranee presenti nei tessuti cutanei”, descrivendo le ipersensibilità (allergie) ai vaccini dei virus, ai pollini, alla polvere e ad altre sostanze, ma senza alcun riferimento all’alimentazione.
Nel 1926 ci fu un punto di svolta grazie alle pubblicazioni di Albert Rowe sulle sue prime osservazioni delle diete ad eliminazione come terapia per le allergie alimentari. Rowe diffuse la sua teoria nella classe medica degli Stati Uniti attraverso conferenze e seminari, dando impulso alla ricerca e allo studio di queste tematiche.
Un altro importante passo avanti ci fu nel 1951, quando il dott. Theron G. Randolph introdusse per la prima volta il termine di Ecologia Clinica che usò nel suo libro “Food Allergy”. L’ipotesi di Randolph era quella di evidenziare come, accanto ai classici processi allergici, potevano coesistere tutta una serie di fenomeni che non rientravano nel meccanismo tradizionale allergico-immunologico, ma che derivavano da fenomeni di “intolleranza” che si manifestavano con delle vere e proprie assuefazioni a sostanze comuni quali gli alimenti.
Nel 1991, l’allergologo Allen P. Kaplan[1], segna la svolta con la distinzione tra allergie tradizionali e intolleranze alimentari, evidenziando che in queste manifestazioni cliniche non si rilevava una produzione di immunoglobuline di tipo E (IgE); da questa osservazione trae origine una nuova, più chiara, definizione di intolleranza alimentare: reazione tossica all’ingestione di un determinato cibo non mediata da sistemi immunitari.
Il costante dilagare di questo fenomeno[2] richiede un chiarimento e un approfondimento della tematica e della terminologia, sostenute da conoscenze acquisite, documentate e validate.
Nel 1995 l’EAACI (European Academy of Allergy and Clinical Immunology), per evitare confusione tra la definizione di allergie e intolleranze alimentari, propose un grafico e glossario dal nome: Position Paper Adverse Reactions to Food, classificazione delle reazioni avverse da ingestione di alimenti.
Qual è la differenza tra allergia e intolleranza alimentare
Negli ultimi anni, anche per gli effetti indotti dalla globalizzazione, sono stati inseriti nei prodotti alimentari sostanze e alimenti nuovi che spesso l’organismo umano non riconosce; pertanto, non essendo dotato di sistemi enzimatici specifici, non possono essere correttamente metabolizzati, assimilati ed eliminati dal sistema digestivo. Il problema si complica soprattutto perché gli alimenti, spesso per processi legati alla produzione, coltivazione, conservazione e dispensazione, subiscono trattamenti chimici con sostanze chimiche come diserbanti, disinfestanti, conservanti, antiossidanti, lievitanti, stabilizzanti, coloranti, aromatizzanti che inducono una risposta reattiva, ben identificabile, in seguito all’assunzione dell’alimento. L’aspetto cruciale e sicuramente più importante, che susciterà perplessità e risentimento nei diversi operatori, riguarda la definizione semantica e semiologica di intolleranze alimentari, storicamente attribuite ad un deficit enzimatico o ad errori metabolici; alla luce delle nuove conoscenze acquisite, tutte le manifestazioni non rientranti nelle risposte tossiche o non tossiche, come proposto dall’EAACI, possono essere definite: reattività individuali agli alimenti e alle sostanze chimiche.
Che cosa sono le reattività individuali agli alimenti e alle sostanze chimiche
Le reattività individuali possono avere diverse cause e presentarsi in seguito ad un meccanismo di accumulo di tossine o metaboli, provocando una reazione tossica successiva all’ingestione di un cibo o di sostanze, non legata a fenomeni immunitari.
Tali reattività si definiscono individuali perché si manifestano in organi e apparati con variabilità soggettive, spesso confondendosi e associandosi ad altre sindromi, rendendo molto problematica la reale interpretazione dei sintomi.
Quali sono le cause delle reattività individuali
Le cause delle reattività individuali possono essere esterne o interne all’organismo e si verificano in seguito all’azione di agenti: infettivi (batteri, virus), chimici (additivi, conservanti, farmaci), fisici (traumi, meteoropatie), ormonali (menopausa, malattie), intestinali (alterazioni della flora batterica, infiammazione della mucosa), psichici (ansia, stress, conflitti), ambientali (inquinamento, rumori, geopatie e metereopatie).
Le casistiche[3] fanno rilevare che l’individuo adulto percepisce le reazioni avverse agli alimenti come il principale problema della propria salute. In Italia il fenomeno è in continuo aumento e una sempre più crescente parte della popolazione viene interessata da problematiche relative alle reattività individuali, definizione riconosciuta e diffusa dall’opera di Carbone R. & Coll. “Reattività individuali agli alimenti e alle sostanze chimiche”.
Riferimenti bibliografici
[1] Allen P. Kaplan. Allergy. Editore: Churchill Livingstone. Ottobre 1985.
[2] Agenzia ANSA del 08 05 2010. Il problema delle allergie alimentari, specie in età pediatrica, in Italia è molto serio; infatti si hanno: 40 morti per shock anafilattico (stima); 570.000 allergici < 18 anni; 270.000 allergici tra 0-5 anni; 150.000 allergici tra 10-18 anni; 80.000 allergici alle uova; 40-50.000 allergici a grano, pomodoro, soia, crostacei, frutta e verdura, noci e arachidi; 100.000 bambini devono usare latti ipoallergenici per un costo di 50 milioni di euro ogni anno che grava esclusivamente sulle famiglie; 1.500.000 gli adulti con allergia agli alimenti.
ttp://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/scienza/2010/05/08/visualizza_new.html_1790249961.html
[3] http://www.wikipedia.org/wiki/Allergia_alimentare.
[1] Carbone R. Reattività individuali agli alimenti e alle sostanze chimiche. (Rivisitazione del concetto di intolleranze alimentari). Di Buono Editore, Villa D’Agri (PZ), 2011.
Carbone R. Intolleranze alimentari. Diagnosi & Terapia. Numero 07, anno XXIX, p. 40 – 41, settembre 2010, Genova.
Carbone R. Introduzione epistemologica delle intolleranze alimentari. Cahiers de Biotherapie. Numero 1, anno XX, p. 15-20. Roma, gennaio-marzo 2012.
Carbone R. Reattività individuali agli alimenti e alle sostanze chimiche. Diagnosi & Terapia. Numero 8, anno XXXIII, p. 32-35 ottobre 2014, Genova.