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Ricerche

Come riconoscere le intolleranze alimentari dalle reattività individuali agli alimenti?

Pubblicato il 16/10/2019 da Rocco Carbone Lascia un commento

È vietata la riproduzione senza esplicita autorizzazione dell’autore – Legge 22 aprile 1941, n. 633

Le intolleranze alimentari sono riconducibili a molteplici disturbi causati da reazioni avverse al cibo.  Le intolleranze sono più diffuse e ricorrenti delle allergie alimentari. Si parla di allergia quando i disturbi si manifestano indipendentemente dalla quantità di cibo assunto, dalla immediatezza della risposta e dal coinvolgimento del sistema immunitario. Invece, le  intolleranze si manifestano a distanza di tempo successivo all’assunzione del cibo, in dipendenza dalla quantità e non coinvolgono il sistema immunitario.

Le prime osservazioni sui disturbi legati all’ingestione di cibo sono molto antiche: già Ippocrate aveva notato gli effetti negativi dovuti all’ingestione di latte di mucca. Tuttavia, i meccanismi di azione e i test  diagnostici delle reazioni avverse al cibo costituiscono, ancora oggi, un argomento controverso e non risolto dalla medicina.

Lo stretto legame tra ciò che si mangia, lo stato di salute e l’insorgenza di alcune malattie è noto fin dall’antichità, vediamo come venivano considerate da Ippocrate e Paracelso.

Cosa diceva Ippocrate

Ippocrate di Cos

Ippocrate (460-370 a.C.) ,padre della medicina, fu il primo a scorgere una correlazione tra l’assunzione di cibo e alcune manifestazioni patologiche come, ad esempio, l’orticaria e la cefalea,  e l’importanza di una sana e corretta alimentazione, concetto fondamentale racchiuso nel celebre aforisma: “Lascia che il cibo sia la tua medicina, e la medicina sia il tuo cibo”.

Cosa pensava Paracelso

Paracelso (1493-1541 d.C.)

Paracelso (1493-1541 d.C.), medico, naturalista e filosofo svizzero, Theophrastus Bombastus von Hohenheim, detto Paracelsus o Paracelso), vissuto in un’epoca cruciale e di notevoli cambiamenti nella storia del mondo occidentale, studiò i segreti dell’uomo in rapporto al cosmo e fu il creatore della filosofia dell’uomo integrale, latente in ogni persona. Egli attribuiva a cinque cause  principali l’insorgenza della malattia: Ens Astrale, Ens Venenale, Ens Naturale, Ens Spirituale, Ens Deale. Tra queste,  l’Ens Venenale  è causata dalle impurità e Paracelso sostiene che esistono delle impurità che entrano nel nostro corpo sotto forma di cibo solido e chenon seguono il naturale processo di estromissione dal sistema percorso dalle parti non utilizzabili dal processo individuale.Lo stesso può avvenire anche per i cibi liquidi, per ciò che viene inalato con l’aria che respiriamo e con ciò che è assorbito dalla pelle.

È stupefacente leggere questa definizione quando ancora non c’era una sufficiente  conoscenza dei meccanismi del metabolismo e della biochimica. Grazie a questi suoi fondamentali studi, Paracelso può essere definito il precursore del concetto di intolleranze alimentari e reattività individuali agli alimenti e alle sostanze chimiche.

Evoluzione storica delle conoscenze delle allergie e intolleranze alimentari

Lo sviluppo delle conoscenze su questi fenomeni va di pari passo con quelle più generali dell’allergia e dell’immunologia, che si svilupparono alla fine dell’Ottocento, con lo studio delle malattie infettive e delle relative vaccinazioni.

Il termine allergia fu utilizzato per la prima volta nel 1906 dal pediatra viennese Von Pirquet, che la definisce come “un’alterata capacità acquisita e specifica dell’organismo a reagire a sostanze estranee presenti nei tessuti cutanei”,  descrivendo le ipersensibilità (allergie) ai vaccini dei virus, ai pollini, alla polvere e ad altre sostanze, ma senza alcun riferimento all’alimentazione.

Nel 1926 ci fu un punto di svolta grazie alle pubblicazioni di  Albert Rowe sulle sue prime osservazioni delle diete ad eliminazione come terapia per le allergie alimentari. Rowe diffuse la sua teoria nella classe medica degli Stati Uniti attraverso conferenze e seminari,  dando impulso alla ricerca e allo studio di queste tematiche.

Un altro importante passo avanti ci fu nel 1951, quando il dott. Theron G. Randolph introdusse per la prima volta il termine di Ecologia Clinica che usò nel suo libro “Food Allergy”. L’ipotesi di Randolph era quella di evidenziare come, accanto ai classici processi allergici, potevano coesistere tutta una serie di fenomeni che non rientravano nel meccanismo tradizionale allergico-immunologico, ma che derivavano da fenomeni di “intolleranza” che si manifestavano con delle vere e proprie assuefazioni a sostanze comuni quali gli alimenti.

Nel 1991, l’allergologo Allen P. Kaplan[1], segna la svolta con la distinzione tra allergie tradizionali e intolleranze alimentari, evidenziando che in queste manifestazioni cliniche non si rilevava una produzione di immunoglobuline di tipo E (IgE); da questa osservazione trae origine una nuova, più chiara, definizione di intolleranza alimentare: reazione tossica all’ingestione di un determinato cibo non mediata da sistemi immunitari.

Il costante dilagare di questo fenomeno[2] richiede un chiarimento e un approfondimento della tematica  e della terminologia, sostenute da conoscenze acquisite, documentate e validate.

Nel 1995 l’EAACI (European Academy of Allergy and Clinical Immunology), per evitare confusione tra la definizione di allergie e intolleranze alimentari, propose un grafico e glossario dal nome: Position Paper Adverse Reactions to Food, classificazione delle reazioni avverse da ingestione di alimenti.

Qual è la differenza tra allergia e intolleranza alimentare

Negli ultimi anni, anche per gli effetti indotti dalla globalizzazione, sono stati inseriti nei prodotti alimentari sostanze e alimenti nuovi che spesso l’organismo umano non riconosce; pertanto, non essendo dotato di sistemi enzimatici specifici, non possono essere correttamente metabolizzati, assimilati ed eliminati dal sistema digestivo. Il problema si complica soprattutto perché gli alimenti, spesso per processi legati alla produzione, coltivazione, conservazione e dispensazione, subiscono trattamenti chimici con sostanze chimiche come diserbanti, disinfestanti, conservanti, antiossidanti, lievitanti, stabilizzanti, coloranti, aromatizzanti che inducono una risposta reattiva, ben identificabile, in seguito all’assunzione dell’alimento. L’aspetto cruciale e sicuramente più importante, che susciterà perplessità e risentimento nei diversi operatori, riguarda la definizione semantica e semiologica di intolleranze alimentari, storicamente attribuite  ad un deficit enzimatico o ad errori metabolici; alla luce delle nuove conoscenze acquisite,  tutte le manifestazioni non rientranti nelle risposte tossiche o non tossiche, come proposto dall’EAACI, possono essere definite: reattività individuali agli alimenti e alle sostanze chimiche.

Che cosa sono le reattività individuali agli alimenti e alle sostanze chimiche

Le reattività individuali possono avere diverse cause e presentarsi in seguito ad un meccanismo di accumulo di tossine o metaboli, provocando una reazione tossica successiva all’ingestione di un cibo o di sostanze, non legata a fenomeni immunitari.

Tali reattività si definiscono individuali perché si manifestano in organi e apparati con variabilità soggettive, spesso confondendosi e associandosi ad altre sindromi, rendendo molto problematica la reale interpretazione dei sintomi. 

Proprietà riservata INF – Vietata la riproduzione senza esplicita autorizzazione dell’autore Rocco Carbone – Legge 22 aprile 1941, n. 63

Quali sono le cause delle reattività individuali

Le cause delle reattività individuali possono essere esterne o interne all’organismo e si verificano in seguito all’azione di  agenti:  infettivi (batteri, virus), chimici (additivi, conservanti, farmaci), fisici (traumi, meteoropatie), ormonali (menopausa, malattie), intestinali (alterazioni della flora batterica, infiammazione della mucosa), psichici (ansia, stress, conflitti), ambientali (inquinamento, rumori, geopatie e metereopatie).

Le casistiche[3] fanno rilevare che l’individuo adulto percepisce le reazioni avverse agli alimenti come il principale problema della propria salute. In Italia il fenomeno è in continuo aumento e una sempre più crescente parte della popolazione viene interessata da problematiche relative alle reattività individuali, definizione riconosciuta e diffusa dall’opera di Carbone R. & Coll. “Reattività individuali agli alimenti e alle sostanze chimiche”.


Riferimenti bibliografici


[1] Allen P. Kaplan. Allergy. Editore: Churchill Livingstone.  Ottobre 1985.

[2] Agenzia ANSA del 08 05 2010. Il problema delle allergie alimentari, specie in età pediatrica, in Italia è molto serio; infatti si hanno: 40 morti per shock anafilattico (stima); 570.000 allergici < 18 anni; 270.000 allergici tra 0-5 anni; 150.000 allergici tra 10-18 anni; 80.000 allergici alle uova; 40-50.000 allergici a grano, pomodoro, soia, crostacei, frutta e verdura, noci e arachidi; 100.000 bambini devono usare latti ipoallergenici per un costo di 50 milioni di euro ogni anno che grava esclusivamente sulle famiglie; 1.500.000 gli adulti con allergia agli alimenti.

ttp://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/scienza/2010/05/08/visualizza_new.html_1790249961.html

[3] http://www.wikipedia.org/wiki/Allergia_alimentare.


[1] Carbone R. Reattività individuali agli alimenti e alle sostanze chimiche. (Rivisitazione del concetto di intolleranze alimentari). Di Buono Editore, Villa D’Agri (PZ), 2011.

Carbone R.  Intolleranze alimentari.  Diagnosi & Terapia. Numero 07, anno XXIX, p. 40  –  41, settembre 2010, Genova.

Carbone R. Introduzione epistemologica delle intolleranze alimentari.  Cahiers de Biotherapie. Numero 1, anno XX, p. 15-20. Roma, gennaio-marzo 2012.

Carbone R.  Reattività individuali agli alimenti e alle sostanze chimiche. Diagnosi & Terapia. Numero 8, anno XXXIII,  p. 32-35 ottobre 2014, Genova.

Balance emuntoriale e drenaggio

Pubblicato il 13/04/2015 da Rocco Carbone

Il drenaggio consiste in una stimolazione lieve e prolungata nel tempo degli organi emuntori per favorire l’eliminazione di tossine o residui catabolici che si accumulano nel nostro organismo, ripristinando l’omeostasi interna dopo abusi nell’alimentazione, assunzione di farmaci e tossine provenienti dall’inquinamento atmosferico. Inoltre provvede ad eliminare i metaboliti che si liberano per il continuo ricambio cellulare, svolgendo un’azione stimolante sul Sistema Reticolo Endoteliale (SRE), deputato a fagocitare e neutralizzare tossine e sostanze estranee all’organismo umano.

Come si attua un buon drenaggio

Un buon drenaggio deve prevedere una eliminazione di tossine accumulate nel liquido intracellulare, liquido extracellulare, tessuto linfatico e nel torrente ematico. Il drenaggio è pertanto una particolare metodica che si avvale di rimedi fito-gemmo-terapici, o dell’idroterapia.

Inizialmente venivano utilizzate per il drenaggio le Tinture Madri a basso dosaggio; successivamente, con l’avvento della Meristemoterapia o comunemente Gemmoterapia, considerata la specificità di azione dei gemmoderivati o macerati glicerici verso il Sistema Reticolo Endoteliale (SRE) di determinate cellule, di determinati organi e di determinati tessuti, è stato possibile introdurre un dettagliato repertorio di meristemo-derivati a disposizione del terapeuta che può utilizzare in maniera semplice e mirata verso determinati emuntori per la specificità organotropica propria di questi rimedi.

Essi comprendono:

•          reni e vie urinarie – piante ad azioni diuretiche;

•          fegato e vie biliari – piante ad azioni colagoghe e

coleretiche;

•          intestino – piante ad azioni catartiche e lassative;

•          polmoni e mucose ORL – piante ad azioni

balsamiche mucolitiche;

• pelle e ghiandole sudoripare e sebacee – piante ad azioni diaforetiche eudermiche.

Come agiscono i rimedi drenanti

I rimedi fitoterapici ad azione drenante hanno, quindi, la funzione di regolarizzare e stimolare l’attività escretoria degli organi emuntori. Nei trattamenti di drenaggio viene inoltre stimolato il sistema linfatico, che è deputato alla mobilizzazione delle tossine accumulate a livello del tessuto connettivo, delimitato negli spazi intercellulari, dove vengono “scaricate” in prima istanza le tossine che si formano all’interno delle cellule. Quando i nostri organi emuntori sono in uno stato ottimale, le tossine prodotte vengono adeguatamente eliminate e l’organismo si mantiene in equilibrio e in salute. Quando, o per un eccessivo carico di tossine o perché i sistemi di drenaggio non sono sufficienti o ipofunzionanti, si crea un sovraccarico di sostanze dannose, questo equilibrio viene meno e si manifesta la malattia.

Uso dei principi attivi di gemmoderivati per il drenaggio

Confrontando la composizione tra il tessuto della gemma e il tessuto vegetale adulto, sono state evidenziate notevoli variazioni qualitative e quantitative in principi attivi. Nei tessuti meristematici, in fase di accrescimento sono presenti più sostanze e principi attivi che nei tessuti della pianta adulta; essi sono particolarmente ricchi in principi attivi propri di taluna specie, essi contengono: acidi nucleici, aminoacidi, biostimoline, citochinine, enzimi, micropolopeptidi, proteine, sali minerali, vitamine, fattori di crescita, acidi nucleici (RNA e DNA), fitormoni vegetali (auxine, cinetine, giberelline) e principi attivi specifici della specie botanica (antociani, flavonoidi, ecc.). La Meristemoterapia è pertanto una metodica terapeutica appartenente alle Bioterapie la quale utilizza a scopo terapeutico soluzioni in prima diluizione decimale (DH 1) di macerati idroglicero-alcolici ottenuti da estratti vegetali freschi, ricchi di tessuti meristematici. I principi attivi del gemmoterapico sono estratti mediante macerazione a freddo in una particolare soluzione costituita da alcol etilico, acqua e glicerina nella quale si lasciano macerare per tre settimane i singoli tessuti vegetali freschi costituiti appunto da tessuti meristematici quali: le gemme, i germogli, i giovani getti, i boccioli, i floemi, le giovani radici, gli amenti, gli amenti femminili fecondati, le giovani radici, la scorza interna di radici, la scorza di giovane ramo, la linfa, i semi, gli xilemi, o altri tessuti embrionali di vegetali in fase di crescita i quali risultano più adatti a tale scopo. La tecnica del drenaggio deve essere valorizzata soprattutto in preparazione ad un trattamento specifico, in presenza di affezioni croniche, nelle convalescenza, nei cambiamenti di stagione per eliminare le tossine accumulate e liberare l’organismo dalle sostanze derivanti dal ricambio di cellule e tessuti. Inoltre, l’impiego dei gemmoderivati

è utile nel trattamento delle reattività individuali1 (intolleranze alimentari),  non riferibili a deficit enzimatici, ma causate da cattiva alimentazione e ad una ipofunzione degli organi emuntoriali.

Come si somministrano i gemmoderivati per il drenaggio

La somministrazione e la posologia media dei gemmoderivati utilizzati nel drenaggio è inferiore a quella terapeutica: 20 gocce, 2 volte al dì. La durata media del drenaggio è di 20-40 giorni. Inoltre, facilita l’eliminazione di tossine l’impiego di acqua oligominerale con residuo fisso inferiore a 500 mg/lt. La posologia dei gemmoderivati nelle acuzie varia

da 30 a 60 gocce due o tre volte al dì.

BALANCE EMUNTORIALE

Proprietà riservata – È vietata la riproduzione senza esplicita autorizzazione dell’autore – Legge 22 aprile 1941, n. 633

Che cos’è il Balance emuntoriale

Il balance emuntoriale descrive la funzionalità degli emuntori in riferimento e lo status miasmatico di un soggetto. Nello schema riportato è rappresentata la funzionalità degli emuntori, in funzione della produzione di scarti (PS) e dell’eliminazione di scarti (ES). La linea tratteggiata rappresenta il livello ideale dell’omeostasi corporea.

Nella I fase si ha una produzione normale di scarti (PNS) e una eliminazione normale di scarti (ENS), quindi sostanzialmente avremo una normale funzionalità degli organi emuntori e uno stato di equilibrio. Il soggetto si troverà in uno stato miasmatico di psora stenica.

Nella II fase è rappresentata una produzione in eccesso di scarti (P>S) e una eliminazione

normale di scarti (ENS), quindi questa condizione rappresenta un soggetto che abusa in alimenti, introduce una quantità superiore al proprio fabbisogno o mangia in eccesso determinati alimenti. Questo soggetto svilupperà disturbi a carico della pelle e di natura gastro-intestinali. Il soggetto si troverà in uno stato miasmatico di psora astenica.

Nella III fase è rappresentata una produzione normale di scarti (PNS) e una eliminazione

insufficiente di scarti (E<S). In questo soggetto si ha una insufficienza dell’attività emuntoriale, quindi svilupperà disturbi da ipofunzione d’organo o viscere: insufficienza digestiva, insufficienza epatica, calcolosi biliare, insufficienza renale, calcolosi renale, insufficienza respiratoria. Il soggetto si troverà in uno stato di miasma sicotico.

Nella IV fase è rappresentata una produzione in eccesso di scarti (P>S) e una eliminazione insufficiente di scarti (E<S). Questo soggetto presenterà un sovraccarico tossinico e una insufficienza della funzionalità degli organi; in particolare siamo di fronte a disturbi causati da lesione degli organi: ulcerazioni, dismetabolismi epatici e pancreatici, insufficienza renale cronica, insufficienza respiratoria cronica e dermatosi. Il soggetto si troverà in uno stato di miasma luesinico.

Bibliografia di riferimento

  1. Carbone G., Carbone R. Di Tolla D. Reattività individuali agli alimenti e alle sostanze chimiche. Rivisitazione del concetto di intolleranze alimentari. Dibuono edizioni srl, Villa d’Agri  (PZ), 2015.
  2. Carbone  R. Intolleranze alimentari tra presente e  futuro.  Reattività individuali agli alimenti e alle sostanze chimiche. Aldenia Edizioni, Firenze 2018. ISBN: 9788894842364

Meccanismo di azione dei medicinali omeopatici

Pubblicato il 16/10/2013 da Rocco Carbone

Ricerca personale, proprietà riservata. È vietata la riproduzione senza esplicita autorizzazione dell’autore – Legge 22 aprile 1941, n. 633

Meccanismo di azione dei medicinali omeopatici spiegato secondo le leggi della fisica e i principi dell’Organon hahnemanniano

I due cardini principali dell’omeopatia sono costituiti dal concetto di diluizione infinitesimale e di dinamizzazione. Concetti che rappresentano i canoni fondamentali della medicina omeopatica e dello stesso funzionamento dei medicinali omeopatici, ed allo stesso tempo costituiscono elementi di diatribe e dissenso tra la  classe medica tradizionalmente legata all’effetto farmacologico e alla ripetibilità del fenomeno in senso strettamente scientifico.

Su quali principi fisici si basa il funzionamento dell’omeopatia

Se esaminiamo l’equazione della relatività di Albert Einstein[1]  osserviamo che la formula è costituita da due parametri (energia-massa) e da una costante universale rappresentata dalla velocità della luce al quadrato.

E = m·c2

I due parametri (energia-massa),  in riferimento alla costante universale (c2),  sono legati da una relazione di tipo inversamente proporzionale[2], (v. figura), quindi, avremo:

c2 = E/m.

In riferimento a tale costante, all’aumento della massa corrisponde una diminuizione di energia e viceversa, al diminuire della massa corrisponde un aumento di energia.

Questa dinamica della relazione massa/energia che si relazionano in modo inversamente proporzionale tra loro, diversamente da quanto si può evincere dalla relazione matematica dell’equazione della relatività e dalle leggi della fisica gravitazionale, è confermata dalla seconda legge della termodinamica.

Secondo questa legge,  la trasformazione di energia avviene  seguendo un percorso in cui si sviluppa un aumento di Entropia.

L’entropia esprime concettualmente il grado di disordine molecolare che si manifesta e aumenta quando la materia passa da uno stato fisico solido ad uno stato liquido e ad uno stato gassoso, ed è rappresentata da una funzione matematica espressa in kcal/C°.

Figura 1

Immaginiamo di avere due recipienti A e B delimitati da una parete: in A introduciamo un gas e in B creiamo del vuoto. (Figura 1)

Se pratichiamo un foro nella parete delimitante i due recipienti A e B, avremo che le molecole di gas si sposteranno nel recipiente B fino al raggiungimento di un nuovo stato di equilibrio. Questo processo non può ritornare indietro allo stato iniziale, pertanto,  si è realizzato un processo irreversibile.

Durante il passaggio delle molecole di gas da A a B, aumentando lo spazio dei due recipienti, ed essendo la quantità di gas rimasta invariata, si avrà un aumento di spazio tra le molecole di gas, che si potranno muovere più liberamente, aumentando il loro grado di disordine e, quindi, l’entropia del sistema.

In considerazione a quanto esposto, possiamo affermare: in un processo irreversibile, quando si passa da uno stato di equilibrio iniziale, ad uno stato di equilibrio finale, il processo tende a svilupparsi verso la direzione in cui si sviluppa un aumento di entropia.

Questo processo, rappresentato dalla figura grafica delle diluizioni e succussioni successive, rappresenta il fondamento scientifico basilare del meccanismo di azione dei rimedi omeoapatici  espresso dal comportamento e relazione esistente tra massa/energia in chimica-termodinamica, e concettualmente definito dalla legge del dualismo.

Un’altra considerazione scaturisce dalla legge di Planck[3] che si sviluppa studiando l’emissione e l’assorbimento della luce da parte dei corpi materiali, e in particolare del cosiddetto corpo nero (una superficie ideale capace di assorbire ogni tipo di radiazione incidente). Interpretando tali fenomeni, secondo i principi dell’elettromagnetismo classico, si avrebbe come conseguenza teorica un aumento indefinito dell’intensità della radiazione all’aumentare della frequenza, cosa che nella realtà non si verifica.

Osservando questo fenomeno, Planck nel 1889 rese nota la sua ipotesi che gli scambi di energia nei fenomeni di emissione e di assorbimento delle radiazioni elettromagnetiche avvengono in forma discontinua (proporzionale alla loro frequenza di oscillazione, secondo una costante universale), non già in forma continua, come sosteneva la teoria elettromagnetica classica.

Nel 1901 Planck spiegò il fenomeno con l’ipotesi alla teoria quantistica, secondo la quale gli atomi assorbono ed emettono radiazioni in modo discontinuo, per quanti di energia, cioè quantità di energia finita e discreta (“pacchetti”, che chiamò quanti). In tal modo anche l’energia può essere concettualmente rappresentata, come la materia, sotto forma granulare: i quanti sono granuli di energia indivisibili e il contenuto di energia di ogni pacchetto nella teoria di Planck è direttamente proporzionale alla frequenza corrispondente.

Se definiamo E (energia del quanto di luce), v (frequenza luminosa) e h (costante universale di Planck), avremo:

E = hv

La teoria di Planck non ottenne il pieno successo che meritava perché era stata formulata su basi empiriche e matematiche, quindi, era da considerare un’ipotesi, non una legge, utile per spiegare fenomeni di difficile interpretazione.

Il valore della legge quantistica fu reso evidente solo nel 1905 grazie ad Albert Einstein che, nell’ambito della spiegazione dell’effetto fotoelettrico, riprese il concetto di quanto e ne diede un’interpretazione teorica e una definizione in termini fisici. Successivamente la teoria di Niels Bohr, sulla struttura atomica, confermò l’ipotesi dei quanti, considerata una tappa fondamentale nella storia e lo sviluppo della fisica moderna.

Possiamo affermare, secondo il principio del dualismo, la legge della relatività e la legge di Planck che non ci può essere massa senza  la coesistenza, seppure in minima forma di energia e viceversa.

È in questa considerazione che si trova la ragione scientifica dell’omeopatia e delle discipline vibrazionali ed energetiche.

Comparazione tra i principi dell’Organon e le leggi della fisica

Pertanto, nei medicinali omeopatici, attraverso la diluizione infinitesimale e la dinamizzazione, potentizzazione del ceppo omeopatico, viene esaltata la caratteristica energetica sprigionata sotto forma di energia vibrazionale caratteristica del rimedio. A questo punto la tipologia dell’onda vibrazionale del rimedio somministrata ad un individuo entra in vibrazione sincronica[4] determinando una risposta altrettanto sincronica espressa dall’energia vitale o forza vitale definita da Hahnemann nell’Organon[5].

Di seguito sono citati alcuni paragrafi dell’Organon in cui Hahnemann descrive la forza vitale.

 “Nello stato di salute dell’uomo la forza vitale, vivificatrice e misteriosa, domina in modo assoluto e dinamico (=autocrazia) il corpo materiale (=organismo) e tiene tutte le sue parti in meravigliosa vita armonica di sensi ed attività, in modo che il nostro intelletto si possa servire liberamente di questo strumento sano e vitale per gli scopi superiori della nostra esistenza” Organon VI, § 9

In questo paragrafo Hahnemann prende le distanze dal materialismo vigente nella medicina del suo tempo e, con sommo rammarico, dobbiamo riconoscere che permane tuttora in quella moderna. Ed è questa la chiave di volta sulla quale poggia l’Omeopatia, diametralmente opposta agli schemi imposti dalla scienza, per la quale l’intangibile, l’indimostrabile, l’immateriale non rispettano le leggi della fisica gravitazionale e quindi non sono validi.

“L’organismo materiale, considerato senza forza vitale, è incapace di alcuna sensazione, di alcuna attività e di auto-conservazione. Unicamente l’essenza immateriale – principio vitale, forza vitale – conferisce all’organismo materiale, nello stato di salute e di malattia tutte le sensazioni e determina le sue funzioni vitali.” Organon VI, § 10

In questo paragrafo Hahnemann evidenzia che la carenza della forza vitale può rendere più vulnerabile un individuo conducendolo verso la malattia; individua nella carenza della forza vitale una incapacità di difesa e di auto-conservazione.

“Quando l’uomo si ammala, dapprincipio è perturbata soltanto questa forza vitale,  (principio vitale) – indipendente e presente ovunque nell’organismo ed immateriale – dall’azione, nemica alla vita e dinamica, di qualche agente patogeno. Unicamente il principio vitale perturbato ad uno stato anormale può determinare nell’organismo sensazioni spiacevoli e conseguenti funzioni irregolari ossia produrre quel che noi chiamiamo malattia. Di fatti questa potenza, per sé invisibile e riconoscibile solo nelle sue manifestazioni, nell’organismo mette in evidenza la sua perturbazione morbosa sotto forma di malattia nei sentimenti ed attività – l’unica parte dell’organismo aperta ai sensi dell’osservatore e del medico – rilevabile dai sintomi del male e da null’altro.” Organon VI, § 11

In questo paragrafo Hahnemann introduce il concetto di perturbazione del principio vitale, concetto successivamente approfondito da James Tyler Kent[6] che individua l’individuo in una  dimora delle espressioni degli affetti, dell’intelligenza, dei sentimenti e delle emozioni umane, e che la perturbazione di questi  sentimenti ed emozioni si traducono in un disturbo fisico sul corpo, quindi la malattia per J.T. Kent è l’espressione di una perturbazione mentale che nasce a livello dell’essere e della propria esistenza. Successivamente, in tempi più recenti questo stesso concetto è ripreso ed approfondito nei disturbi psicosomatici[7].

 “Unica la forza vitale morbosamente perturbata provoca le malattie, in modo che le manifestazioni di malattia percepibili dai nostri sensi, come pure tutte le alterazioni interne, esprimono la perturbazione totale morbosa del principio dinamico interno e rappresentano tutta la malattia. D’altra parte lo sparire di tutte le manifestazioni di malattia – ossia di tutto quanto era deviazione dimostrabile dei processi vitali sani – per opera della guarigione, come pure la ‘restitutio ad integrum’ del principio vitale presuppone necessariamente il ritorno della salute di tutto l’organismo.” Organon VI, § 12

Da queste considerazioni sorgono le dissociazioni dal pensiero allopatico al pensiero omeoaptico, quindi, voler dimostrare l’efficacia di un rimedio omeopatico utilizzando le tecnologie  e le metodiche  impiegate per dimostrare un effetto farmacologico appare, alla luce di quanto detto fin ora, quanto mai assurdo ed oggettivamente inapplicabile. Pertanto, ritengo che un medico o farmacista che non conosce i principi dell’omeopatia debba astenersi dal proclamare qualsiasi forma di giudizio, poiché, non espresso dalla conoscenza e competenza.

Possiamo concludere affermando che un rimedio omeopatico svolge la sua azione, stimolante l’energia vitale di un individuo, in virtù della sua natura energetica sprigionata dalla diluizione infinitesimale e dalla dinamizzazione di una sostanza originaria costituente il ceppo omeopatico [8].                 R. Carbone                                                                                      

Il principio fisico e il principio chimico dell’omeopatia

Inoltre, a conclusione e completamento di quanto asserito possiamo definire che i medicinali omeopatici svolgono la loro peculiare attività secondo un principio di tipo chimico ed un principio di tipo fisico.

Principio chimico

Il principio chimico dell’attività di un rimedio omeopatico consiste nella “diluizione progressiva” della stessa sostanza in un solvente acquoso idro-alcolico (solva tazione ionica). La materia si dissolve cedendo energia al solvente in proporzione diretta all’aumento delle diluizioni e del loro tipo (DH, CH, K e LM). A diluizione infinita, rimane sempre un contributo ionico attivo.

Principio  fisico

Il principio fisico dell’attività di un rimedio omeopatico consiste nella “dinamizzazione o potentizzazione”, agitando la soluzione si apporta  energia cinetica alla sostanza impiegata, contribuendo al passaggio dall’energia potenziale di massa  all’energia “quantica di tipo vibrazionale”. 

Che cosa sono le Diluizioni e Dinamizzazioni in omeopatia

Le sostanze somministrate a dosi ponderali, non letali,  in un organismo vivente sano possono produrre una serie di sintomi prodromici, definiti patogenesi del rimedio, le stese sostanze diluite in modo infinitesimale e dinamizzate possono, applicando il principio del simillimum, guarire tali sintomi.

La patogenesi di un rimedio omeopatico rappresenta la manifestazione clinica dell’insieme dei sintomi che si manifestano in seguito alla somministrazione in dosi ponderali, tossiche, non letali di una sostanza farmacologicamente attiva; la patogenesi di un rimedio è classificata, secono le seguenti cinque definizioni:

  1. sintomi fisici o sindrome;
  2. sintomi mentali o psichismo (così definito in omeopatia);
  3. le modalità di aggravamento o miglioramento con cui si manifestano i sintomi riferiti all’orario di manifestazione, alle condizioni climatiche (caldo, freddo, umidità, vento, secchezza, aridità), alle stagioni, alla lateralità corporea ed alla cronologia degli eventi; 
  4. causalità di insorgenza della sindrome;
  5. le diluizione di somministrazioni.
 

Una sostanza per diventare un medicinale omeopatico deve aver subito un processo di diluizione infinitesimale e di dinamizzazione ad ogni passaggio di diluizione.

Schema diluizioni e dinamizzazioni

La  dinamizzazione consiste nel sottoporre a scuotimento (succussione) la soluzione per 100  volte, imprimendo un’energia in movimento verticale alternato, secondo la tecnica hahnemanniana, in cui i due punti morti, superiore ed inferiore della corsa  del movimento, rappresentano i momenti in cui l’energia di massa cinetica si riadatta alle nuove condizioni di diluizioni e dinamizzazione conferendo alla soluzione un contenuto energetico peculiare della sostanza di  riferimento al ceppo di origine.

Si otterrà così, l’azione omeopatica del rimedio (forza del rimedio, Vis medicatrix), che verrà espressa in modo inversamente proporzionale alla quantità del rimedio.

La diluizione si ottiene inserendo 1 parte di ceppo omeopatico, sotto forma di tintura madre in 99 parti di solvente (il solvente è costituito da una soluzione idro-alcolica a 60-70° in volume di alcol) e sottoponendo la soluzione ottenuta a dinamizzazione, ottenendo così la 1CH (la prima diluizione centesimale hahnemanniana).

Dalla soluzione 1CH si prende una parte di essa  e la si versa in 99 parti solvente sottoponendo la soluzione ottenuta a dinamizzazione, ottenendo così la 2CH (la seconda diluizione centesimale hahnemanniana).

Dalla soluzione 2CH si prende una parte di essa e la si versa in 99 parti solvente sottoponendo la soluzione ottenuta a dinamizzazione, ottenendo così la 3CH (la terza diluizione centesimale hahnemanniana), si procede con lo stesso metodo fino alla diluizione voluta, come indicato nella figura.

La dinamizzazione rappresenta l’espressione di energia, il conferimento di energia  che una sostanza può sprigionare quando passa da una condizione di espressione di massa in cui la compatezza delle molecole definisce lo stato fisico della sostanza, ad una condizione di maggior libertà (diluizione) sviluppando energia potenziale indotta dalla dinamizzazione.

Procedendo col processo di diluizione e dinamizzazione dei medicinali omeopatici si avrà che tra la prima e la quarta diluizione nella soluzione sarà presente traccia del ceppo di partenza, quindi, parte della sostanza. Pertanto fino alla IV° diluizione (4CH) l’effetto del rimedio sarà espresso dal contenuto di massa, anche se in maniera relativa al valore della massa presente in soluzione. La risposta e l’azione di tipo omeopatico, energetico vibrazionale, si avrà dalla V° diluizione in poi  (5CH); quindi, tra questi due gradienti di diluizioni si avrà il fenomeno del viraggio dall’effetto farmacologico all’effetto omeopatico che avviene tra la IV° e la V° CH.

Quindi possiamo affermare che un rimedio alla 4 CH svolge azione di tipo ponderale, in funzione della legge ippocratica dei contrari ed è definita diluizione placebo omeopatica, in quanto la residua ed esigua quantità ponderale restante non produrrà alcuna o marginale  risposta farmacologia, poiché legata alla relazione dose/effetto.

Viceversa, un rimedio con diluizione uguale o maggiore alla 5 CH agisce per azione di similitudine omeopatica, in funzione della legge ippocratica dei simili, quindi possiamo definire medicinali omeopatici i rimedi con diluizione dalla 5 CH in poi.

L’azione e l’attività di un rimedio omeopatico, in relazione al rapporto massa-energia si può dividere in due gruppi, come rappresentato in figura:

Rimedio ad azione massa-energia

Quando la diluizione del rimedio è sotto il limite del numero di Avogadro, quindi, si avrà comunque la presenza molecolare della sostanza, nell’intervallo di diluizioni tra la 5CH e la 11 CH (v. Tabella   di confronto tra diluizioni omeopatiche e presenza molecolare).

Rimedio ad azione energia

Quando la diluizione del rimedio omeopatico supera la 12CH, si avrà un rimedio omeopatico ad azione energia   poiché, la diluizione tra la 11CH e 12CH, in termini stechiometrici corrisponde al numero di Avogadro (6,022×10-23) e quindi, non è più presenta l’identità molecolare o atomica di una sostanza. (v. Diagramma di reciprocità  massa/energia)[9].

Diagramma di reciprocità massa/energia

Considerando l’insieme coerente delle teorie,  le leggi della fisica esposte e i metodi che contraddistinguono la preparazione di un medicinale omeopatico, possiamo sintetizzare il meccanismo di azione dei medicinali omeopatici nel paradigma rappresentato dal diagramma di reciprocità massa/energia. In questo diagramma l’asse delle ascisse rappresenta l’energia, quindi, l’effetto della dinamizzazione. Mentre l’asse delle ordinate rappresenta la massa, quindi, l’effetto della diluizione. L’area superiore all’ascissa rappresenta l’area del corpo fisico, legato alle leggi di causa effetto, in cui un fenomeno si manifesta secondo le leggi della causalità, dello spazio e del tempo, seguendo le leggi della fisica gravitazionale e della termodinamica. L’area inferiore, delimitata dall’asse delle ascisse, rappresenta l’area del corpo energetico, in cui un fenomeno si manifesta non seguendo le leggi della causalità, dello spazio e del tempo, ma si verificano in un contesto a-causale, a-temporale e a-spaziale, del principio del qui  ed ora, in riferimento alle leggi della fisica quantistica e del principio della sincronicità.

Proprietà riservata di Rocco carbone – È vietata la riproduzione senza esplicita autorizzazione dell’autore – Legge 22 aprile 1941, n. 633

Pertanto, possiamo suddividere in tre aree verticale la superficie grafica dell’area di campo di massa rappresenta l’area della massa ponderale fino alla diluizione 4CH, nel piano superiore all’asse delle ascisse, in cui si applica il primo principio di Ippopcrate (Contrari contrarii curentur) espressione della legge dei contrari, dell’agonismo-antagonismo recettoriale legato alla legge della fisica gravitazionale.

Nella seconda area verticale la superficie grafica rappresenta l’area di campo vibrazionale, racchiuso tra la diluizione 4CH e la 12CH, in questo campo si applica il secondo principio di Ippopcrate (Similia similibus curentur) espressione della legge della similitudine in cui la risposta “farmacologia” è identificata dal simillimum della patogenesi del rimedio; la presenza della sostanza gradualmente scompare fino all’assenza completa di essa, gli avvenimenti di quest’aerea avvengono seguendo le leggi della fisica termodinamica.

La terza area verticale rappresenta l’area di campo energetico-quantico, che parte dalla diluizione la 12CH fino a diluizioni infinite. I fenomeni che avvengono in quest’area, al disotto dell’area delle ascisse, sottendono  alla teoria della sincronicità degli spin correlati relativa al “principio di esclusione”[10] di Wolfang Pauli[11]. Questo principio fondamentale della Fisica Quantistica stabilisce che due elettroni non possono occupare lo stesso orbitale a meno che non abbiano spin (senso di rotazione intorno a se stessi) con verso opposto. Successivamente (i fisici John Bell – nel 1964 e Alain Aspect – nel 1982) osservarono e definirono che due sistemi quantici di qualsiasi natura, che hanno interagito almeno una volta non possono essere più separati, in sostanza conservano una memoria anche se vengono separati agli estremi opposti dell’universo.  (v. Teorema di Bell).

Quindi, appare evidente che non è possibile valutare con i metodi di misura della fisica gravitazionale i fenomeni che si manifestano nell’area della fisica quantica e viceversa. Lo scopo di questo lavoro vuole andare oltre la definizione di ipotesi di meccanìsmo di azione dei rimedi omeopatici e vuole essere di stimolo ad ulteriori approfondimenti e ricerche che individui nel paradigma del grafico di reciprocità massa/energia un’ipotesi di riferimento scientifico.

Bibliografia

Carbone R. Meccanismo di azione dei medicinali omeopatici spiegato secondo le leggi della fisica e i principi dell’Organon hahnemanniano.  Cahiers de Biotherapie. Numero 1, anno XIX, p. 25-35. Roma, gennaio/marzo, 2011.

Carbone R.  Tecnica di preparazione dei galenici omeopatici. Pilgrim Edizioni, Aulla (MS), 2010.

Carbone G., Carbone R.  Medicinali Omeopatici.  Preparazione, somministrazione, meccanismo di azione e normativa. Dibuono edizioni, Villa D’Agri (PZ), 2015.  pagg. 77-78-79, – ISBN  978-88-99 9407-6-7

Carbone R. Conoscere i prodotti Omeopatici. Preparazione, somministrazione, meccanismo di azione.  Aldenia Edizioni, Firenze 2019. ISBN: 9788894842395


[1]Albert Einstein (Ulma, Württemberg, 1879, Princeton, Stati Uniti, nel 1955)  

[2] Figura tratta da Zamperini R. Energie sottili. Macro edizioni, pag. 46. Diegaro di Cesena, 2005.

[3] Max Planck (Kiel 1858 – Gottinga 1947), fisico tedesco considerato il padre della fisica quantistica, vinse il premio Nobel per la fisica nel 1918. Studiando la radiazione di corpo nero scoprì che il meccanismo di emissione della radiazione non è quello ipotizzato dalla fisica classica, sotto forma di onda continua, ma di “pacchetti” discreti detti quanti. 

[4] V. leggi della sincronicità di  C. G. Jung e W. Pauli, definita dal  principio di esclusione. 

[5] Hahnemann S.F.C. Organon dell’arte del guarire. Traduzione italiana dalla VI edizione tedesca (1810). Ed. Lithorapid. Napoli, 1987.

[6] Kent J.T.  Lezioni di omeopatia. Edizioni CE. M.O.M. Napoli, 1993.

[7] Carbone R. lettura del corpo psicosomatica in chiave olistica. Pilgrim Edizioni, Aulla (MS), 2009.

[8] Si definisce “ceppo omeopatico” il materiale di origine per la preparazione del medicinale omeopatico, identificabile nella tintura madre di una sostanza.

[9] Diagramma realizzato e ipotizzato dall’autore, prof. Rocco Carbone e presentato durante le lezioni di preparazione dei medicinali omeopatici presso la SMB-Italia, Scuola di Medicina Bioterapia di Roma.

[10] Teodorani M. Sincronicità. Il legame tra fisica e psiche da Pauli e Jung a Chopra. Macro edizioni, Diegaro di Cesena (FC), 2006.

[11] Wolfgang Ernst Pauli (Vienna, 1900 – Zurigo, 1958) fisico austriaco, fondatore della fisica quantistica. Premio Nobel nel 1945 per la fisica, secondo il quale due elettroni in un atomo non possono avere tutti i numeri quantici uguali.

Preparazione dei fiori di Bach in farmacia e NBP

Pubblicato il 16/10/2013 da Rocco Carbone

È vietata la riproduzione senza esplicita autorizzazione dell’autore – Legge 22 aprile 1941, n. 633

Sommario

Bach Centre

Sono affrontati, in questa pubblicazione, gli aspetti riguardanti la preparazione dei rimedi floreali, in ossequio all’etica professionale. Importante appare, in questo lavoro, l’inquadramento di queste preparazioni in un ambito extra galenico, di preparazioni erboristiche o di semplici miscelazioni,  per non soffocare la possibilità per il farmacista di preparare e consigliare questi rimedi, e per rispetto dei principi sostenuti e voluti dal dr. E. Bach: “Cura te stesso” e “Guarisci te stesso”.

Il crescente utilizzo dei fiori di Bach e le continue richieste che gli utenti rivolgono al farmacista, rende necessario un approfondimento di alcune tematiche legate alla preparazione in farmacia dei rimedi floreali e la possibilità per il farmacista di consigliare il giusto rimedio. Il farmacista, come primo referente nell’auto-cura, è sovente chiamato a guidare i pazienti nella scelta di trattamenti che possono alleviare i disturbi della sfera emozionale e relazionale. La conoscenza approfondita della floriterapia e la corretta preparazione dei fiori di Bach, da parte del farmacista, è necessaria per rispondere e soddisfare con professionalità  alle richieste dei clienti.

Il farmacista può preparare una miscela di fiori estemporaneamente in farmacia su richiesta dell’utente, al di fuori delle regole delle preparazioni galeniche (poiché trattasi di una semplice miscela di acqua, brandy ed alcune gocce di essenza floreale prelevate dallo stock bottle); mentre,  se eseguita su prescrizione medica, solo in tal caso, per il farmacista diventa una prescrizione magistrale, e pertanto, è tenuto ad osservare le regole della F.U. e le relative NBP.

Preparazione, adempimenti, modalità di somministrazione e posologia

Dal punto di vista normativo, i Fiori di Bach, in Italia, non hanno una specifica classificazione; alcuni produttori hanno chiesto l’autorizzazione alla vendita con la definizione di medicinali omeopatici, contemplati nel Decreto legislativo del 17 marzo 1995, n. 185 inerente l’attuazione  della Direttiva 92/73/ CEE in materia di medicinali omeopatici.

Sembrerebbe che questa scelta non sia condivisa da altri produttori, operatori e utilizzatori. Infatti, i fiori di Bach non sono considerati medicinali omeopatici, perché, non hanno subito il processo  di  succussione  e  dinamizzazione (1).  Pertanto,  non  possono  essere  inquadrati  nella monografia specifica dei medicinali omeopatici della Farmacopea Ufficiale, anche se, alcuni produttori del settore hanno classificato e presentato i Fiori di Bach, in riferimento al Decreto legislativo del 17 marzo 1995, n. 185, come medicinali omeopatici. A tal proposito è ovvio che questi stock bottles non possono essere utilizzati per le preparazioni in farmacia, poiché, corrisponderebbe ad uno sconfezionamento di medicinale omeopatico, mentre possono essere e sono utilizzati da altri operatori, non farmacisti, per la preparazione delle miscele. Quindi, è preferibile utilizzare per le preparazioni di miscele floreali in farmacia, stock bottles di preparati floreali commercializzati come soluzioni idroalcoliche di prodotti erboristici.

Metodo solare

È utile precisare che l’uso dei rimedi floreali è accessibile a tutti, sono utilizzati da: naturopati, psicologi, medici, farmacisti, erboristi, infermieri, massaggiatori e da persone comune, secondo il loro livello di preparazione ed interesse. Infatti, già Bach, quando ideò il metodo della floriterapia, volle creare un metodo semplice ed accessibile a tutti per alleviare i disagi umani, concetto espresso negli scritti di E. Bach “Cura te stesso” e “Libera te stesso”.

Quindi, considerato che preparare i fiori di Bach è una pratica aperta a tutti,  sarebbe alquanto limitativo attribuire allo stesso preparato una valenza esclusivamente galenica; invece, appare interessante, per il farmacista, più che la preparazione l’individuazione dei fiori necessari per il riequilibrio di quegli stati d’animo frequenti e comuni a tutti noi, per poter consigliare il giusto cocktail e bouquet di fiori utile alle persone che gli si rivolgono per alleviare i loro disturbi.

2) Decreto legislativo del 17 marzo 1995, n. 185 inerente l’attuazione della Direttiva 92/73/ CEE in materia di medicinali omeopatici. L’Art. 1, recita “Ai fini del presente decreto, per ” medicinale omeopatico ” si intende ogni medicinale ottenuto da prodotti, sostanze o composti, denominati ” materiali di partenza omeopatici “, secondo un processo di fabbricazione omeopatico descritto dalla Farmacopea europea o, in assenza di tale descrizione, dalle farmacopee utilizzate ufficialmente dagli Stati membri. La Farmacopea Ufficiale della Repubblica Italiana XI Edizione 2002, riporta a pag. 1089-1091, la Monografia delle “Preparazioni omeopatiche”, in particolare nel paragrafo delle diluizioni specifica: “Le diluizioni e le triturazioni sono ottenute dal materiale di partenza mediante un processo di potenziamento (o dinamizzazione) in accordo con un metodo di produzione di preparazioni omeopatiche; per una preparazione liquida ciò significa diluizioni successive ed agitazioni (sbattimenti); per una preparazione solida significa triturazioni successive appropriate.

Adempimenti

Per consentire una tracciabilità delle operazioni e degli ingredienti impiegati durante la  preparazione delle miscele floreali, e per rendere agevole lo svolgimento del lavoro quotidiano in farmacia, è consigliabile redigere le seguenti schede:

  1. elenco dei stock bottles impiegati;

L’elenco dei stock bottles dei fiori utilizzati per la preparazione delle miscele deve avere i seguenti campi: il nome del fiore, la data di acquisto, eventuale numero di DDT o fattura, la data di primo utilizzo e la data di fine utilizzo. (v. esempio tabella 1)

2. scheda di lavorazione.

Scheda di preparazione con descrizione degli ingredienti, il modus operandi, modalità di somministrazione e note. (v. esempio tabella 2)

Modalità di Somministrazione

L’assunzione dei fiori avviene principalmente per via orale3 sublinguale e in gocce diluite. Fatta eccezione per il Rescue Remedy che può essere assunto direttamente dalla stock bottle, gli altri fiori vengono assunti in forma diluita.

È necessario che l’assunzione avvenga lontano dai pasti, senza sapori in bocca4. Questo aspetto

è importante perché alcuni sapori di caffè, nicotina, mentolo, ecc., possono interferire con gli elisir floreali annullando l’azione dell’effetto benefico. Infatti, le sostanze citate da un punto di vista della loro struttura chimica presentano doppi legami, e quindi, un potenziale elettropositivo che interferisce ed annulla l’energia dei fiori.

Anche la modalità di assunzione è determinante, poiché la semplice ingestione a livello dello stomaco, dove si sviluppa un pH molto acido, annullerebbe del tutto l’azione dei fiori. Pertanto, è determinante l’assunzione per via sublinguale, in modo da escludere eventuali contatti con sostanze interferenti e in ambiente il più vicino possibile alla neutralità.

Posologia

La posologia orale consigliata e di 4 gocce per 4 volte al dì, ( ore 8 – 12 – 16 – 20 ), le gocce o soluzione devono essere assorbite per via sublinguale.

Se si utilizza il metodo del bicchiere, i sorsi della soluzione si lasciano a contatto con la mucosa sublinguale per 20/30 secondi e poi deglutire.

Bibliografia dell’autore

Carbone R Fiori di Bach, Capire l’essenza delle emozioni per vivere meglio.  Youcanprint Self-Publisching, p. 43-44,  Tricase (LE), 2015

Carbone R. Perché non si toccano con le dita? Saggio di omeofarmacocinetica dei medicinali omeopatici. Cahiers de Biotherapie. Numero  2, anno XIV, p. 19-25. Roma, aprile/giugno, 2006.

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