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Notizie

Occhio …… alla pubblicità sugli alimenti

Pubblicato il 22/08/2019 da Marta Chiappetta Lascia un commento

Un ruolo importante nell’acquisto consapevole di un prodotto alimentare è affidato all’immagine rappresentata sulla confezione, che non è necessariamente legata al suo aspetto reale: infatti, la dicitura “l’immagine ha il solo scopo di presentare il prodotto” compare sotto l’immagine stessa a caratteri minuscoli. Non bisogna mai affidarsi troppo alla rappresentazione grafica della confezione o alle frasi “strillate” che l’accompagnano, poiché entrambe sono frutto di una sapiente strategia di marketing che ha l’obiettivo di attrarre il consumatore ed invogliarlo all’acquisto. L’unica arma a disposizione per non farsi ingannare è leggere accuratamente le etichette, valutando tutti gli ingredienti riportati. Sempre nell’ambito della comunicazione e promozione del prodotto meritano grande attenzione gli slogan “Senza…” che possono trarre facilmente in inganno, poiché fanno leva sul tentativo dei consumatori di evitare determinate sostanze senza dover eliminare dalla dieta il prodotto che le contiene.

Le etichette degli alimentati devono riportare le indicazioni previste dalla legge

• Senza zucchero: gli alimenti che vengono presentati come privi di zuccheri, in realtà li contengono indirettamente poiché vengono utilizzate altre sostanze, come ad esempio “sciroppo di glucosio”, “sciroppo di fruttosio”, “amido di mais”, “maltosio”, “sciroppo di vegetali”; tali elementi sostitutivi hanno un indice glicemico molto simile a quello del saccarosio. In questi casi, è preferibile acquistare prodotti dolcificati con succo d’uva, succo di mela o fruttosio puro.

• Senza grassi: spesso nelle etichette compare la dicitura “mono e digliceridi degli acidi grassi”, ovvero un composto di prodotti differenti, siglati LA comunicazione e la promozione attraverso le ETICHETTE con E471, additivo alimentare, ottenuti da fonti vegetali (oli di scarsa qualità come quelli di cocco e palma) o animali (scarti di macellazione, unghie, corna, grasso). Queste sostanze, utilizzate come emulsionanti per amalgamare e ammorbidire gli alimenti, sono metabolizzate dall’organismo come grassi: si possono trovare in prodotti da forno e pasticceria, cioccolato, margarine, gelati, chewingum. E’ preferibile scegliere prodotti che contengano grassi monoinsaturi (acido oleico, contenuto nell’olio extravergine d’oliva) e polinsaturi (acido linoleico – omega6 e acido linolenico – omega3). Nell’elenco delle etichette compaiono spesso gli acidi grassi vegetali non idrogenati, una dicitura generica che non è sinonimo di sano e naturale e che spesso maschera l’uso di oli di bassa qualità come il diffuso e dannoso olio di palma/palmiti; esso contiene anche più del 50% di grassi saturi che, se assunti abitualmente nell’alimentazione giornaliera, aumentano l’incidenza di alcune malattie cardiovascolari (angina pectoris, ictus, infarto). Un’altra categoria che rientra negli slogan “Senza…” e che ha raggiunto un livello di diffusione molto elevato, è costituita dagli alimenti “senza calorie” o “dietetici”: molto spesso in questi prodotti viene utilizzato l’aspartame (E951), un additivo alimentare che ha le stesse calorie del saccarosio ma un potere dolcificante di circa 200 volte maggiore: per questo sono necessarie piccole quantità per dolcificare cibi e bevande. Tuttavia, è consigliabile evitare di assumere prodotti che contengono aspartame poiché è stato scientificamente provato essere un composto potenzialmente cancerogeno.

Come leggere le etichette delle acque minerali

Pubblicato il 22/08/2019 da Marta Chiappetta Lascia un commento

Le etichette delle acque minerali hanno caratteristiche diverse da quelle degli alimenti. Le numerose voci riportate sono fondamentali per guidare il consumatore verso una scelta consapevole.

Come si classificano le acque minerali

Uno dei parametri essenziali per identificare un’acqua minerale è il residuo fisso. Questo valore, indicato in etichetta con la dicitura “residuo fisso a 180°C” ed espresso in mg/l, serve a classificare l’acqua, ovvero a dare una stima della quantità di sali minerali contenuti in un litro. Per ottenere questo dato, l’acqua viene portata ad ebollizione a 180°C: ciò che resta dopo l’evaporazione, ovvero la parte solida, corrisponde al residuo fisso. Più è elevato questo valore, maggiore sarà la quantità di sali disciolti nell’acqua. Conoscere il residuo fisso permette di classificare le acque minerali in quattro categorie:

• L’acqua minimamente mineralizzata ha un residuo fisso non superiore a 50 mg/l; è leggera, il sapore è delicato, contiene poco sodio e stimola la diuresi. Questa tipologia di acqua è indicata per ipertesi, neonati e persone che soffrono di calcolosi renale.

• L’acqua oligominerale ha un residuo fisso inferiore a 500 mg/l e un modesto contenuto di sodio; favorisce la diuresi ed è indicata nelle diete iposodiche.

• L’acqua minerale (o mediominerale) ha un residuo fisso compreso tra 500 e 1500 mg/l. Queste acque sono indicate per gli sportivi e nel periodo estivo perché aiutano e reintegrare i liquidi persi con il sudore.

• Le acque ricche di sali minerali, ovvero quelle con un residuo fisso superiore a 1550 mg/l, sono utilizzate per regimi alimentari specifici o a scopo curativo e vanno assunte sotto controllo medico.

Classificazione della acque in base all’analisi chimica

Oltre alla quantità è importante soprattutto conoscere quali sono i sali minerali disciolti che conferiscono delle specifiche qualità all’acqua. Queste informazioni sono elencate nella sezione denominata in etichetta “analisi chimica”:

Bicarbonato – L’acqua minerale bicarbonata ha un tenore di bicarbonato superiore a 600 mg/l. Indicata per favorire la digestione, per le patologie renali e per gli sportivi.

Calcio – L’acqua minerale calcica ha un tenore di calcio superiore a 150 mg/l. Il calcio è fondamentale per la formazione di ossa e denti, nei processi di coagulazione del sangue e nelle trasmissioni nervose. L’acqua calcica è indicata per le fasi di crescita, la gravidanza, la prevenzione dell’osteoporosi e per l’ipertensione.

Cloro – L’acqua minerale clorurata ha un tenore di cloro superiore a 200 mg/l. Ha un’azione lassativa e stimolante la peristalsi intestinale, aiuta a riequilibrare intestino, fegato e vie biliari.

Ferro – L’acqua minerale ferruginosa è indicata nelle anemie da carenza di ferro, per le donne in gravidanza, i lattanti, gli adolescenti e le persone che seguono la dieta vegetariana. La quantità di ferro contenuta nell’acqua è maggiore di 1 mg/l.

Fluoro – L’acqua minerale fluorata o “contente fluoro”, ha un tenore di fluoro maggiore di 1 mg/l; è indicata per rafforzare i denti, per prevenire carie e osteoporosi. Queste acque, tuttavia, non vanno assunte per periodi prolungati perché un eccesso di fluoro è nocivo per ossa e denti.

Magnesio – L’acqua minerale magnesiaca ha un tenore di magnesio maggiore di 50 mg/l. Èindicata per prevenire l’arteriosclerosi, migliora la circolazione sanguigna,  contribuisce all’eliminazione di tossine, scorie e acido lattico. Ha un blando effetto lassativo e previene i crampi negli sportivi.

Solfati – L’acqua minerale solfata ha un tenore di solfati superiore a 200 mg/l; è lievemente lassativa ed è indicata per le insufficienze digestive e per la sindrome del colon irritabile. La sua assunzione è sconsigliata nelle fasi di crescita e nella post-menopausa perché i solfati interferiscono con l’assorbimento del calcio.

Sodio – L’acqua minerale sodica aumenta l’eccitabilità neuromuscolare, è indicata negli sportivi e d’estate, quando si perdono molti liquidi con la sudorazione. Considerato il tenore di sodio contenuto (maggiore di 200 mg/l) è un’acqua controindicata per chi soffre d’ipertensione. Al contrario, le acque minerali iposodiche hanno un tenore di sodio inferiore a 20 mg/l e sono indicate per le diete povere di sodio, per la ritenzione idrica e l’ipertensione.

Che cosa rappresenta il pH dell’acqua

pH – Un altro dato importante da considerare quando si acquista l’acqua minerale è il valore del pH. Nell’etichetta viene indicato con la dicitura “pH alla temperatura dell’acqua di sorgente” e serve a fornire una stima del grado di acidità dell’acqua: maggiore è il contenuto in anidride carbonica e solfati, minore sarà il valore del pH. Il pH delle acque naturali è solitamente compreso tra 6,5 e 8,0, valore che oscilla attorno alla neutralità. Un’acqua è alcalina quando il pH è maggiore di 7, mentre è acidula quando è inferiore a 7. Spesso un’acqua originariamente alcalina viene resa acida dall’aggiunta di anidride carbonica utilizzata per renderla gassata, poiché questa abbassa il valore del pH.

Che cosa rappresenta la Conducibilità elettrica dell’acqua

Conducibilità elettrica – Questo parametro viene riportato in etichetta con la dicitura “Conducibilità elettrica specifica” (a 18° o 20°C): maggiore è la conducibilità, maggiore sarà il contenuto delle sostanze minerali disciolte che consentono il passaggio della corrente elettrica. Questo dato, come avviene per il residuo fisso, ci fornisce indirettamente un valore sulla mineralizzazione dell’acqua. La maggior parte delle acque minerali in commercio ha una conducibilità elettrica compresa fra 100 e 700 µS/cm.

Che cosa rappresenta la Durezza dell’acqua

Durezza – La durezza dell’acqua viene indicata in etichetta con i gradi francesi (F) e serve a quantificare la presenza di calcio e magnesio. Più il valore è alto, più l’acqua è considerata calcarea. Poiché per convenzione ogni grado corrisponde a 10 mg/l di carbonato di calcio, la scala di classificazione prevede tre tipologie di acque: leggere o dolci (durezza inferiore a 15°F), mediamente dure (durezza compresa tra 15° e 30° F) e dure (durezza superiore a 30°F). Per questa caratteristica non esiste un valore limite fissato dalla legge ma solo una soglia d’intervallo consigliata compresa fra 15°F e 50°F. Una durezza media o elevata può determinare delle variazioni nel gusto dell’acqua ma non influisce sulla funzionalità dell’organismo.

Tabella classificazione delle acque in riferimento al residuo fisso

Oltre alla denominazione, ovvero il nome dell’acqua minerale naturale, altre indicazioni presenti in etichetta sono:

• Il contenuto netto di acqua minerale presente nel contenitore.

• Il termine minimo di conservazione, ovvero quello entro cui l’acqua mantiene le sue proprietà specifiche se correttamente conservata.

• Il luogo di origine, ovvero dove l’acqua viene imbottigliata.

• Il lotto, che consente l’individuazione della partita del prodotto.

• La dicitura “microbiologicamente pura”, che attesta l’assenza totale di microrganismi pericolosi per la salute.

• Codice a barre.

• La dicitura ambientale, che utilizza una frase e un’immagine per invitare a non disperdere il contenitore nell’ambiente dopo l’uso.

• Indicazioni per la corretta conservazione del prodotto.

Che cosa rappresentano i Nitrati nell’acqua

Nitrati – I nitrati sono presenti nell’acqua in concentrazioni minime e sono innocui per la salute; tuttavia, se assunti in eccesso, possono ostacolare il trasporto di ossigeno nel sangue e risultare molto pericolosi, soprattutto per i neonati. Inoltre, i nitrati possono combinarsi con le proteine e formare le nitrosammine, sostanze considerate cancerogene. Per le acque minerali sono stati stabiliti due differenti limiti di dosaggio: 45 mg/l nelle ordinarie acque minerali e 10 mg/l in quelle destinate all’infanzia e alle donne in gravidanza.

Direttiva 2004/24/CE Regolamentazione Medicinali Vegetali Tradizionali

Pubblicato il 02/08/2019 da Rocco Carbone Lascia un commento

Direttiva 2004/24/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 31 marzo 2004 che modifica, per quanto riguarda i medicinali vegetali tradizionali, la direttiva 2001/83/CE recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano.
Gazzetta ufficiale n. L 136 del 30/04/2004 pag. 0085 – 0090

VEDI IL TESTO: http://www.sifit.org/r/pdf/2004_24_ce.pdf

Il Ministero della Salute comunica i risultati degli studi sugli integratori alimentari a base di curcuma

Pubblicato il 29/07/2019 da Rocco Carbone Lascia un commento

I casi di epatite colestatica, rilevati in seguito ad assunzione di integratori a base di Curcuma, il Ministero della Salute ha reso noto che  “sono verosimilmente da ricondurre a particolari condizioni di suscettibilità individuale”.

Si sono concluse indagini sugli integratori a base di curcuma

Il  gruppo di esperti del Ministero della Salute  e il comitato tecnico per la nutrizione e la sanità animale, ha stabilito che i 21 casi di epatite colestatica acuta registrati possono essere ricondotti a tre distinte cause: suscettibilità individuale, presenza di alterazioni preesistenti della funzionalità epato-biliare o interazioni con farmaci.

   Curcuma Curcuma longa L.

Risultati delle analisi

Le analisi effettuate  sui prodotti correlati ai casi di epatite non hanno rilevato presenze di sostanze contaminanti o sostanze adulteranti da ricollegarsi a danni al fegato.

Indicazioni del Ministero della Salute

Gli integratori a base di curcuma e curcumina, in futuro, dovranno indicare sulle etichette, di questi prodotti,  un’avvertenza che sconsiglia il consumo alle persone con alterazioni della funzione epato-biliare e persone  con calcoli delle vie biliari. Inoltre, sulle confezioni, dovrà essere indicato l’invito a consultare il medico prima di utilizzare questi integratori in concomitanza all’assunzione di farmaci.

Comunicato del Ministero della Salute

Vedi il Comunicato del Ministero della Salute

“A seguito delle indagini condotte sui casi di epatite colestatica segnalati dopo l’assunzione di integratori alimentari contenenti estratti e preparati di Curcuma longa, e, in un caso, dopo il consumo di Curcuma in polvere, il gruppo interdisciplinare di esperti appositamente costituito e la sezione dietetica e nutrizione del comitato tecnico per la nutrizione e la sanità animale hanno concluso che, ad oggi, le cause sono verosimilmente da ricondurre a particolari condizioni di suscettibilità individuale, di alterazioni preesistenti, anche latenti, della funzione epato-biliare o anche alla concomitante assunzione di farmaci.

Gli eventi segnalati hanno coinvolto preparati ed estratti di curcuma diversi tra di loro e si sono verificati dopo l’assunzione di dosi molto variabili di curcumina, anche se nella maggior parte dei casi il titolo di tale sostanza era elevato e spesso associato ad altri ingredienti volti ad aumentarne l’assorbimento.

Le analisi effettuate sui campioni dei prodotti correlati ai casi di epatite hanno escluso la presenza di contaminanti o di sostanze volontariamente aggiunte quali possibili cause del danno epatico.

Dall’esame dei dati della letteratura scientifica e dalle informazioni fornite dagli altri Stati membri, sono emerse segnalazioni di casi di epatiti acute ad impronta colestatica correlati all’uso di estratti di curcuma anche in altri Paesi.

Pertanto, alla luce di tali conclusioni, si è deciso di adottare una specifica avvertenza per l’etichettatura degli integratori in questione, volta a sconsigliarne l’uso a soggetti con alterazioni della funzione epato-biliare o con calcolosi delle vie biliari e, in caso di concomitante assunzione di farmaci, ad invitare comunque a sentire il parere del medico.

Per la curcuma in polvere, considerando la storia e le dimensioni del consumo come alimento, non sono emersi elementi per particolari raccomandazioni.

La situazione continuerà ad essere seguita con attenzione in relazione all’emergere di eventuali nuovi elementi o dati scientifici da considerare al fine di tutelare la sicurezza dei consumatori”.

“A seguito delle indagini condotte sui casi di epatite colestatica segnalati dopo elle indagini condotte sui casi di epatite colestatica segnalati dopo l’assunzione di integratori alimentari contenenti estratti e preparati di Curcuma longa, e, in un caso, dopo il consumo di Curcuma in polvere, il gruppo interdisciplinare di esperti appositamente costituito e la sezione dietetica e nutrizione del comitato tecnico per la nutrizione e la sanità animale hanno concluso che, ad oggi, le cause sono verosimilmente da ricondurre a particolari condizioni di suscettibilità individuale, di alterazioni preesistenti, anche latenti, della funzione epato-biliare o anche alla concomitante assunzione di farmaci.

Gli eventi segnalati hanno coinvolto preparati ed estratti di curcuma diversi tra di loro e si sono verificati dopo l’assunzione di dosi molto variabili di curcumina, anche se nella maggior parte dei casi il titolo di tale sostanza era elevato e spesso associato ad altri ingredienti volti ad aumentarne l’assorbimento.

Le analisi effettuate sui campioni dei prodotti correlati ai casi di epatite hanno escluso la presenza di contaminanti o di sostanze volontariamente aggiunte quali possibili cause del danno epatico.

Dall’esame dei dati della letteratura scientifica e dalle informazioni fornite dagli altri Stati membri, sono emerse segnalazioni di casi di epatiti acute ad impronta colestatica correlati all’uso di estratti di curcuma anche in altri Paesi.

Pertanto, alla luce di tali conclusioni, si è deciso di adottare una specifica avvertenza per l’etichettatura degli integratori in questione, volta a sconsigliarne l’uso a soggetti con alterazioni della funzione epato-biliare o con calcolosi delle vie biliari e, in caso di concomitante assunzione di farmaci, ad invitare comunque a sentire il parere del medico.

Per la curcuma in polvere, considerando la storia e le dimensioni del consumo come alimento, non sono emersi elementi per particolari raccomandazioni.

La situazione continuerà ad essere seguita con attenzione in relazione all’emergere di eventuali nuovi elementi o dati scientifici da considerare al fine di tutelare la sicurezza dei consumatori”.

Indagine sull’uso dei medicinali omeopatici in Italia

Pubblicato il 24/07/2019 da Rocco Carbone Lascia un commento

Secondo un sondaggio condotto nel mese di ottobre 2018 da EMG Acqua per Omeoimprese, il 40% degli italiani che utilizzano i farmaci omeopatici si aspettano più attenzione dai partiti: 2,5 milioni di italiani ritengono le politiche a favore delle medicine complementari un tema sensibile, tanto da arrivare ad influenzare le proprie scelte se chiamati alle urne. È un rapporto positivo quello tra la comunità medico-scientifica e l’omeopatia. I medici che prescrivono medicinali omeopatici ne apprezzano la naturalità (36%) e la complementarietà con l’allopatia (20%). E se i primi sostenitori dell’omeopatia sono i farmacisti italiani, sicuramente un punto di riferimento importante per i pazienti nel caso di lievi problemi di salute, anche i medici, i docenti universitari e i giornalisti scientifici dichiarano di apprezzare l’omeopatia per la sua efficacia (15%).

Appena il 10% sono coloro che parlano di “effetto placebo” in riferimento a questa categoria farmacologica, mentre il 14% tra medici e farmacisti si rifiuterebbe di prescriverli.

È il quadro emerso dall’ultima ricerca condotta su un campione di 300 esperti tra medici generici, farmacisti, docenti universitari in ambito medico e giornalisti che scrivono di sanità da EMG-Acqua per Omeoimprese, l’Associazione delle aziende che in Italia producono e distribuiscono farmaci omeopatici.

Dalla ricerca emerge che parte della comunità scientifica non è contraria all’omeopatia

Il 41% dei medici, il 37% dei farmacisti, il 28% degli opinion leader medico-scientifici non nutrono preconcetti o pregiudizi nei riguardi dell’omeopatia. Il 44% degli intervistati, medici e farmacisti, ritengono utile l’uso dei medicinali omeopatici, mentre, il 96% degli intervistati  non li ritiene dannosi.

I medicinali omeopatici sono prescritti e consigliati da medici e farmacisti

I medicinali omeopatici sono utilizzati da 9 milioni do italiani. Circa il 20% sono prescritti dai  medici di famiglia  e farmacisti per l’efficacia dell’integrazione fra omeopatia e allopatia. In genere medici e farmacisti  scelgono l’omeopatia per curare raffreddori, riniti e influenze (54%), per problemi dell’apparato respiratorio (33%), insonnia (27%), dolori articolari o muscolari (13%).

Dal sondaggio è emersa una forte richieste di maggiori informazioni su posologia, indicazioni terapeutiche e modalità di somministrazione.

Infatti, anche chi non consiglia o usa l’omeopatia ritiene e sollecita una maggiore informazione sui medicinali omeopatici sugli effetti, sull’utilizzo e posologia: Ritengono che queste indicazioni potrebbero  indurre ad una maggiore prescrizione. Di cui, il 31% dei farmacisti invoca indicazioni più puntuali sull’utilizzo e indicazioni terapeutiche, mentre il 28% vorrebbe spiegazioni sulla posologia e modalità d’uso.

Integratori a base di curcuma, cosa fare?

Pubblicato il 26/06/2019 da Rocco Carbone Lascia un commento

Il ministero della Salute informa che l’Istituto Superiore di Sanità ha segnalato nove casi di epatite colestatica acuta, non infettiva e non contagiosa, riconducibili al consumo di integratori alimentari a base di curcuma e che sono in corso verifiche sul territorio da parte delle autorità sanitarie. (pubblicato il 17 maggio da Quotidianosanità.it)

Sul sito del Ministero della Salute è possibile vedere l’elenco degli integratori contenenti curcuma. Vedi elenco

Anche la Federconsumatori (associazione a tutela e difesa dei consumatori)  ha sollecitato gli organi competenti a diramare le notizie a tutela dei consumatori; mentre la Federsalus ( associazione in rappresentanza dei produttori e distributori di prodotti salutistici) ha segnalato in una nota diramata il 29 maggio «la propria disponibilità a collaborare con le Istituzioni al fine di individuare le procedure utili a definire un sistema di vigilanza efficace».

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