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LEZIONE 11 Corso di Cure naturali e bioterapie in Naturopatia

Pubblicato il 21/03/2020 da

LEZIONE 3 Corso di Cure naturali e bioterapie in Naturopatia

Pubblicato il 21/03/2020 da

LEZIONE 11. Corso di Cure naturali e bioterapie in Naturopatia

Pubblicato il 28/02/2020 da Rocco Carbone

SPAGIRIA

Introduzione alla Spagiria e Paracelso

Il fondatore e ideatore della spagiria fu Paracelso[1], ritenuto, anche, un antesignano fondatore della moderna farmacologia. Paracelso fondò la “spagiria” (dal greco spao, divido,. Estrarre, tirar fuori e agheiro, unire, mettere  insieme), ulteriormente traducibile con solve et coagula   o separazione del ”falso dal giusto”, come interpreta Paracelso.

Considerata l’arte delle combinazioni, finalizzata alla cura delle malattie; utilizza estratti di piante e minerali, secondo precise combinazioni, affinché, l’Arcanum, contenuto in ciascun componente possa interagire con le l’energia carente della persona.

Fu iniziato direttamente dal padre ad un’educazione erboristica, medica e chimica, legata alla concretezza e all’osservazione.

La sua istruzione proseguì in alcune università tedesche e poi all’università di Ferrara, dove è presente un’effige in suo ricordo. Dall’osservazione e dal contatto con la natura Paracelso trasse l’immagine di una profonda e indissolubile unione fra il mondo interno all’organismo e il mondo esterno ad esso: “Il terreno su cui si sviluppano erbe e piante è del tutto analogo e strettamente connesso con il terreno dell’organismo, fatto di batteri saprofiti, che concimano l’intestino e che rendono possibile l’assimilazione all’interno dell’organismo umano di elementi provenienti dal mondo minerale, vegetale e animale”.
Paracelso, spirito inquieto e grande viaggiatore, girovagò per tutta l’Europa, Russia e paesi orientali, giungendo fino in India dove conobbe ed ebbe contatto con  la medicina ayurvedica, dalla quale elaborò una teoria alcolhemica della vita, concettualmente vicina ai principi dell’Ayurveda.

Personaggio molto contrastato, era un medico di grande fama: principi e nobili  richiedevano le sue cure; mentre, malvisto da farmacisti e i medici che assoldavano sicari per scacciarlo dalle città.

Morì a Salisburgo, nel 1541,  in un incidente, mentre era rincorso da sicari,  cadendo dalla rupe che domina la città.

Le sue concezioni e visioni olistiche lo ponevano in contrasto col mondo accademico medioevale che era orientato verso la scientificità.

Paracelso, secondo il suo concetto di “arcanum”, arcano (dallatino arcanus, chiuso, riposto, nascosto, occulto, segreto, misterioso). Sosteneva la presenza e l’esistenza di un principio vitale quale essenza dei fenomeni naturali e nella natura stessa; concetto ripreso da Hahnemann, fondatore dell’Omeopatia circa 250 anni dopo e che definiva energia vitale, non individuabile o percettibile in quanto tale, ma, indagabile attraverso li fenomeni naturali, e non spiegabili attraverso la logica scientifica. 

Per tale motivo, questa entità nascosta e impercettibile, Paracelso lo chiamò “Arcanum” (arcano o quintessenza).

Secondo questo principio in ogni essere umano, animale, pianta, minerale o roccia è contenuto una specifica entità di Arcanum, che può trasmettere all’organismo umano, nelle giuste proporzioni, le debite informazioni necessarie per ripristinare l’energia vitale carente o bloccata.

Un altro concetto introdotto da Paracelso fu il significato di Pietra Filosofale:

“Se tu vuoi fare Pietra, non devi partire dal Regno Minerale, ma in questo stesso devi cercare il tuo principio e lascia in pace tutti i Metalli. La nostra materia è “electrum minerale immaturum” nel quale vi è infuso lo “spiritus mundi” in forma minerale e vi si mantiene, e dove esso, in forma libera e spirituale putrefazione, diventerà metallo, ma non lo è ancora; non è né metallo né minerale, benché abbia già assunto la forma minerale. Solo la perseveranza, la consapevol.ezza, la coscienza di compiere il proprio dovere ci permetterà di ricevere dal Padre delle Luci, la vera conoscenza del micro e macro cosmo”.

Il pensiero filosofico e origini della Spagiria

La Spagiria affonda le sue origini nell’antica tradizione alcolhemica egiziana dell’applicazione dell’Alcolhimia[2] alla produzione delle Medicine.
La tradizione alcolhemica ha le sue radici principali in Egitto e dall’ermetismo in­segnato nei templi di Memphis e di Thebe, in riferimento alle opere di Zosimo di Panopoli (Akhmin 300 d.C.).

Paracelso alchimista

Alcolhimia o meglio Al-Kemia, termine di derivazione araba, significa “arte sacra” e indica un’arte con la quale si credeva di poter trasformare in oro qualsiasi metallo. Secondo la leggenda essa risalirebbe ai tempi della creazione e avrebbe avuto il suo primo laboratorio nell’Officina di Tubalcolain, il fab­bro della Scrittura; per altri ne sarebbe stato fondatore Ermete Trismegisto, il tre volte grande, scriba degli Dei, il quale regnò anticamente sugli egiziani e fu innalzato a rango di divinità dal suo popolo per aver scoperto tutte le Arti utili nonché le lettere e i numeri. (Nella figura ritratto ideale di Ermete Trismegisto)

  L’Alcolhimia è detta anche “Grande Opera” o “Arte Regia” che si prefigge come obiettivo il compito di realizzare la “sostanza sottile” dalla quale a sua vol.ta, nascerà la “Polvere di proiezione” o “Elisir di lunga vita” o “Pietra Filosofale”

Sin dai tempi più remoti era nota l’arte sacra degli Egiziani di guarire con le forze e le energie della natura, queste conoscenze, con il passare degli anni, furono trasmesse agli arabi che la denominarono Alcolhimia, parola composta da Al, che significa Dio e da Chimia, che significa chimica, quindi chimica di Dio.
L’Alcolhimia e quella scienza che insegna il misterioso dinamismo che presiede la trasformazione (trasmutazione) dei corpi naturali; l’Alcolhimista, nel suo lavoro di laboratorio è un imitatore della natura, un Filosofo che guidato dall’analogia, realizza in piccolo ciò che il Creatore fece in grande nell’Universo, egli è colui che opera una trasmutazione Divina.  

L’obiettivo principale di tutta la filosofia Alcolhemica è basata sullo scoprire “la prima materia”, materia dalla quale tutto ha avuto inizio, materia che perfeziona gli esseri imperfetti, che rende puro tutto ciò che è impuro; la ricerca della prima materia, chiamata dai vari Alcolhimisti in mille modi, ha portato il filosofo-Alcolhimista alla scoperta di medicamenti e di formule senza paragoni che ha costretto lo studioso a parlare e scrivere in modo incomprensibile ai non “iniziati” all’arte, un modo di esprimersi “ermetico” che ha limitato a pochi la possibilità di comprendere le loro scoperte.

La Pietra Filosofale, o prima materia, è la pietra che porta il segno del Sole; questo segno solare e caratterizzato dal colore rosso; essa emana un odore simile a quello delle mele, e la sua caratteristica principale è data dal fatto che si fonde al fuoco come la cera. Quando la pietra è scaldata si trasforma in sostanza liquida, in seguito, raffreddandosi, riassume la sua caratteristica solida; anche lasciata a contatto con l’aria passa dallo stato solido a quello liquido.

“La Pietra Filosofale è la Luce Vivente condensata, concentrata e coagulata sotto una forma sostanziale”.

L’Alcolhimista, durante la sua evol.uzione, ha diviso in due branche questa scienza, infatti, abbiamo:

l’Alcolhimia, che rappresenta lo studio della filosofia e l’applicazione in laboratorio al fine di ottenere una trasmutazione Divina;

Le leggi alcolhemiche si basano sul principio che ogni corpo è costituito da una parte materiale ed una sottile ed ha quattro leggi principali.


[1] Teofrasto Bombast von Hohenheim, medico, chimico, farmacista e alcolhimista, detto Paracelso (1493-1541) nacque ad Einsiedeln (Svizzera), da padre medico originario di Villach, in Carinzia, dove la famiglia si trasferì nei primi anni di  vita e trascorse la sua adolescenza.

[2] Il termine “alcolhimia” indica direttamente L’Egitto essendo “al” l’articolo “il”, “lo”, “la” in Arabo e kemi il nome con cui fu designata la Terra d’Egitto. Gli Alcolhimisti vorrebbero quindi elaborare un ente di natura estraendone i doni divini alla maniera degli Egizi. Si vuole estrarre da questo o quell’Individuo di Natura ciò che Paracelso definisce “archeus”, quindi non un “principio attivo” della pianta ma la sua anima, la sua forza vitale, l’archetipo che sta dietro la manifestazione fisica e che conduce in manifestazione.

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